L'oro della Tuscia: un blogtour per raccontarlo

Ho il piacere di ospitare nel mio blog il racconto di un’esperienza culturale “immersiva” nelle tradizioni produttive tipiche della Tuscia, sul filo tematico dell’olio di oliva. Così come ho scritto, poco tempo fa, sull’azienda aretina Tarazona, ora ho deciso di dare spazio al blogtour “Lazio, terre dell’olio” perché sono convinta che esista una relazione molto stretta tra la visita di un museo e l’osservazione delle tradizioni ancora vive di un territorio, se non nel tipo di “oggetto” culturale che contraddistingue le varie esperienze, di certo nelle identiche sensazioni che si provano e nell’arricchimento interiore che in entrambi casi ci viene donato.

Il blogtour #oliveoillands è stato organizzato da PAPER MOON Tour Operator (Laura Patara) insieme a QUARTO SPAZIO Agenzia di viaggi e Tour operator (Sandra Morlupi). Hanno preso parte all'evento i blogger e giornalisti Liliana Comandè, Philiip Curnow, Giuseppina Marcolini, Laura Patara (Paper Moon), Francesca Pontani, Paola Romi, Mauro Sciambi e Geraldine Meyer. 


Foto di Francesca Pontani

C’è un tipo di turismo che, al di là della ricerca di beni e servizi di qualità, si preoccupa soprattutto dell’autenticità dell’esperienza turistica, ovvero della conoscenza approfondita del territorio. La memoria del viaggio può mettere radici solide solo attraverso l’esercizio di tutti e cinque i sensi, sollecitando ciascuno con i modi e i tempi di lavoro e di vita dei luoghi visitati. Quando Laura Patara, tour operator viterbese, mi ha invitata a prendere parte al blogtour dedicato al progetto “Lazio, terre dell’olio”, svoltosi tra Viterbo e Vetralla, ho subito accettato con entusiasmo e con grande interesse, conoscendo molto bene l’idea di turismo che Laura propone ormai da vari anni, così legata alla valorizzazione della cultura, delle tradizioni e delle produzioni locali. Questo è il racconto della parte centrale del primo giorno, cui ho preso parte, e che ho voluto suddividere in base ai miei ricordi “sensoriali”.

L’olfatto e il tatto

Dopo la visita ai luoghi notevoli della città di Viterbo, come la Piazza del Comune, il Palazzo dei Papi e il Quartiere San Pellegrino, ho raggiunto il gruppo da Mario Matteucci, un anziano imprenditore che gestisce un frantoio in piena Viterbo, al Paradosso. Il Sig. Matteucci produce l’olio con la spremitura a freddo e usa ancora i fiscoli, i filtri di  fibra vegetale che hanno la funzione di separare la polpa delle olive dal succo. Ho nella mente il ricordo del profumo pungente delle olive spremute, quell’odore erbaceo che già prelude al prodotto finale, e la sensazione della superficie ruvida dei fiscoli che il sig. Mario crea ancora artigianalmente con grande maestria.


Foto di Francesca Pontani

La vista e l’udito

Mi sono immersa nella bellezza dell’oliveto dell’azienda Degiovanni di Vetralla in cui si produce l’olio extra vergine d’oliva biologico “Supremo”; ho ascoltato il vento che muoveva le fronde degli olivi, ho riposato lo sguardo nel verde della campagna, ho osservato i raggi del sole che filtravano attraverso i rami degli alberi. Un attimo dopo, a pochi passi da quella pace, il fragore delle macchine che eseguono le varie fasi di produzione dell’olio non mi ha infastidito: era il rumore del lavoro, dell’energia necessaria per creare un prodotto di qualità. Ho seguito con interesse la separazione delle olive dai rami e dalle foglie, il lavaggio, la spremitura, immaginando questo ciclo produttivo ripetersi giorno per giorno, dopo la raccolta delle olive.


Foto di Francesca Pontani

Il gusto

Come dimenticare la splendida acquacotta della signora Benedetta, la proprietaria del ristorante di Vetralla, aperto fin dalla fine degli anni ’50? Ricette semplici ma con tutto il sapore di queste terre. Lo stesso piatto che i contadini viterbesi mangiavano anche cento, duecento anni fa: eredità da conservare con cura per tanti motivi, non da ultimo la sua indubbia bontà. 


La foto della Signora Benedetta è di Norma Hengsberger

E poi il gusto dell'olio d'oliva, degustato con la guida di Andrea Degiovanni, e quello dei deliziosi vini biologici prodotti dall'azienda Chiarini-Wulf di Vetralla.


Un bel viaggio nell’Italia che produce. #oliveoillands



Il salone internazionale dei musei, dei luoghi della cultura e del turismo a Parigi, dal 12 al 14 gennaio 2016



Quest’anno la 20a edizione del SITEM – organizzato da Museumexperts a Parigi il 12, 13 e 14 gennaio 2016, presso la Docks – la Città della Moda e del Design, prevede un eccezionale programma di conferenze internazionali: si parlerà di musei e comunicazione digitale, di accoglienza e della necessità che il patrimonio culturale sia in grado anche di generare sviluppo economico e sociale, di accessibilità, di sicurezza, di documentari e dei nuovi mezzi di divulgazione, di musei e di politica culturale, di turismo culturale alternativo in ambito urbano.

Si potrà assistere a ben 12 conferenze che illustreranno molti casi studio.
Qui il programma delle conferenze e qui il programma degli workshops. 

Nel corso del SITEM, il 13 gennaio, alle ore 12, si svolgerà anche la cerimonia di premiazione degli autori dei migliori video che hanno partecipato al concorso Musées (em)portables

Ulteriori informazioni qui.

Questi gli orari di apertura del salone per i beni culturali:

- martedì 12 gennaio: 9:30 - 6:30 p.m.
- mercoledì 13 gennaio : 9:30 - 20h
- giovedì 14 gennaio : 9h30-17h

Per partecipare al SITEM è necessario richiedere fin da ora il badge d’ingresso a questo link

Presso, Les Docks, Cité de la mode et du design
34, quai d’Austerlitz, 75013 Paris


Un vino "da museo"


Storia un vino, di archeologia sperimentale, di musei e di un legame indissolubile con una terra antica. Intervista a Francesco Mondini e a Maurizio Pellegrini

Synaulia e Il Centro del Suono hanno organizzato centinaia di banchetti in moltissimi musei ed aree archeologiche italiane ed europee (il Prahistorische Staatssamlung Museum di Monaco, l’ArchaologischerPark Regionalmuseum di Xanten, Germania, il Parco Archeologico di Baratti ePopulonia, il Museo Guarnacci di Volterra, solo per citarne alcuni), si sono occupati di rievocazioni di archeologia sperimentale svolte nei musei e negli anfiteatri di Monaco, Trier, Xanten, Aalen, Bonn, Bad Gogging, Mainz, Rosenheim e a Berlino nell'Altes Museum, oltre ad aver collaborato a numerosi documentari, programmi scientifici e film, soprattutto nelle scene di banchetto, per esempio in Sogno di una notte di mezza estate di Michael Hoffman, Il Gladiatore di Ridley Scott, Nativity di Catherine Hardwicke, Empire di Kim Manners.

Nei loro banchetti, però, c’era un problema: il vino. I vini prodotti con metodi moderni non erano certamente adatti per riprodurre in modo perfetto un banchetto ispirato all’epoca etrusca e romana, studiato in ogni minimo dettaglio e con l’attenta lettura delle fonti antiche.

E’ così che inizia la collaborazione con Francesco Mondini (Azienda agricola Tarazona Miriam), il quale, resosi conto che il vino servito durante i banchetti non era all’altezza della cucina di Egidio Forasassi, decide di dare vita ad una produzione sperimentale di vino prodotto nel modo più fedele possibile con il metodo in uso presso gli Etruschi.

In Italia, ormai da molti anni si stanno portando avanti ricerche storiche, archeologiche e botaniche sulle viti e sulla vinificazione delle origini. Questa branca di studi presenta aspetti interessanti anche sotto l’aspetto dello sviluppo economico locale e il progetto realizzato da Francesco Mondini nella campagna aretina, congiunge imprenditoria e cultura. Gli studi e le sperimentazioni di Mondini sono iniziate ben 15 anni fa e solo da poco ha finalmente visto la luce il Vinum Nerum, un rosso che Francesco ama definire una “spremuta d’uva”, in quanto non contiene solfiti, né alcun altro tipo di conservante. Nei quindici anni di test sono stati consultati storici, archeologi, dottori in agraria, geologi e mastri cocciai per ricreare le giare che servivano per la conservazione del vino.
Maurizio Pellegrini, in particolare, ha seguito da vicino il progetto avendone intuito le potenzialità anche dal punto di vista educativo e divulgativo. Grazie a lui, sono entrata in contatto con Francesco Mondini e sono stata invitata, insieme a Laura Patara (tour operator) e a Francesca Pontani (archeologa, redattrice web e membro del consiglio scientifico del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano) a visitare l’azienda e a conoscere il metodo di vinificazione del vino Nerone e del vino Nerum.

La bellissima Azienda Tarazona ha vitigni di circa 80-90 anni che sono di Sangiovese, Canaiolo, Ciliegiolo, Albana, Trebbiano, Malvasia, che vengono sapientemente uniti in percentuali 85% uve rosse e 15% uve bianche. La vigna viene trattata con sistema biologico certificato e biodinamico, cioè concimata con trinciature e tenuta a prato con escrementi animali. Appena raccolta, l’uva viene pigiata una parte a mano e una parte messa in graspugliatrice (molto lenta) e poi una volta riunita, fatta fermentare in cantina in orci di terracotta per 12-15 giorni, follandola manualmente, specie i primi giorni, almeno 4-5 volte al giorno.


La "collina degli orci" presso l'azienda Tarazona di Arezzo


La "collina degli orci" vista dal basso
Francesco Mondini accanto agli orci interrati.

Avvenuta la totale trasformazione degli zuccheri in alcool, il mosto viene portato nella collina degli orci, dove sono posizionati sia gli orci coibentati con resine e cere da dove poi uscirà il Nerum, sia gli orci vetrificati da dove uscirà il Nerone (che ho avuto il piacere di assaggiare durante il banchetto magistralmente preparato da Egidio Forasassi).


I vitigni

Il Nerone viene messo sotto terra senza utilizzo di pompe, dove la temperatura costante, la quasi completa assenza di ossigeno, il buio e l’interscambio con la terra lo rendono un vino unico nei colori, nei profumi, nei sapori e nei retrogusti, veramente senza paragoni. Dopo 18 mesi verrà imbottigliato in magnum e tenuto altri 6 mesi in cantina prima di essere messo sul mercato.


Un magnifico panorama del vigneto


Nel novembre 2013, l’Unesco ha dichiarato Intangible Cultural Heritage la vinificazione in orci in Georgia, uno Paese che vinifica ancora come 5000 anni fa, e pertanto anche l’Azienda Tarazona ha potuto ricevere i permessi per poter commercializzare l’unico vino al mondo fatto con il metodo Mondini, che unisce storia e tecnologia.


Francesco Mondini videointervistato da Francesca Pontani

Per illustrare nel modo migliore il progetto Vinum Nerum, ho rivolto alcune domande a Francesco Mondini e a Maurizio Pellegrini.


Francesco Mondini, come è nata l’idea di riprodurre il vino etrusco?

Nel 2000 fui invitato ad un convivio etrusco-romano a Populonia da un caro amico che oltre che cucinare suona anche con i Synaulia (www.soundcenter.it). Alla fine della splendida serata con cena e musica nella necropoli, mi avvicinai al mio amico e obbiettai sulla veridicità del vino servito durante il convivio; ne nacque una bella discussione alla fine della quale decisi di dedicare una parte della vinificazione del nostro vino a esperimenti per arrivare a produrre un vino il più possibile simile a quello che bevevano i nostri avi. La totale assenza di aggiunte chimiche portava ad un gran numero di problemi che con il passare degli anni grazie oltre che ai nostri studi anche alla collaborazione con archeologi, dottori in agraria, geologi, enologi sono stati felicemente superati.


L'ingresso alla "cantina etrusca"

Come avviene il processso di vinificazione nelle giare?

Qui in Toscana il vino “Nerum”, dopo essere stato spremuto in cantina, riposa per almeno 1 anno in orci realizzati a mano da mastri cocciai, coibentati a mano con resine e cera, completamente interrati a 3 mt di profondità per poi tornare negli orci in cantina per almeno 6 mesi. Nel 2015, dopo 25 secoli, potremo gustare un vino vinificato con il metodo antico, quindi quello che ad oggi si può supporre si avvicini di più al vino di quell'epoca, di questa zona, sulla base del percorso di archeologia sperimentale da noi effettuato. I sapori e i profumi derivati dall’interscambio con la terra e con la coibentazione lo rendono un vino totalmente unico e la gradazione può arrivare fino a 15 gradi.


I grandi orci per la conservazione del vino.

Il vino è completamente naturale in quanto non contiene solfiti aggiunti, quanto è difficile ottenere questo risultato?

E' molto difficile e dopo anni di aceto, grazie ai vitigni che donano un uva già ben strutturata, grazie alla collaborazione di enologi, geologi e dottori in agraria siamo riusciti con grande igiene in cantina in primis e poi con l'aiuto di azoto e argon che eliminano l'aria e sopratutto i travasi in tempi ridottissimi, ad ottenere un prodotto con solforosa bassissima. La longevità di questo vino la stiamo studiando ma abbiamo campioni di 13 anni rimasti inalterati nel tempo.

Il vino prodotto è attualmente un rosso. Avete in programma anche la produzione di un bianco?

Come dicono alcuni archeologi il primo vino è stato il bianco, non so quale sia stato veramente il primo ma quest'anno abbiamo sperimentato il metodo Mondini anche sulle nostre uve bianche. Vista l'annata fantastica, un mix di albana, trebbiano e malvasia ed un vitigno sconosciuto porteranno nel 2017 ad assaporare il nostro primo vino bianco, sperimentato già nel 2003 e nel 2005.


L'interno della "cantina etrusca"

I vitigni sono quelli di suo nonno e risalgono quindi circa a 80 anni fa. E’ previsto per il futuro un’ulteriore fase del progetto che preveda anche l'utilizzo di vitigni più antichi?

Siamo in una costante fase di ricerca con archeologi come Maurizio Pellegrini ed anche con la comunità montana e l'istituto per la selvicoltura di vitigni antichi. Poiché i pochi esperimenti fatti non sono in vendita, per ora cerchiamo di apprendere i modi di riproduzione ed i vari innesti usati. Siamo in contatto anche con due aziende che in maremma producono l'ansonica o insulia che è un vitigno addirittura portato dai greci. Pensiamo il prossimo anno di usarla e fare un esperimento al posto della nostra bianca locale. L'obbiettivo sarà riprodurre il Nerum anche con vitigni antichi.

Quali saranno i canali per la distribuzione commerciale del vino? Dove si potra' reperire?

Ci stiamo preparando alla prima uscita, per cui tanta curiosità specialmente dall'estero con contatti dal Giappone dall'Inghilterra, da Singapore, dalla Germania e tanti altri posti, stiamo valutando tutte le richieste che ci arrivano. Noi abbiamo solo 170 Anfore di Nerum e circa 150 magum di Nerone, per cui visto la modesta quantità per noi sarebbe un grande onore partire con vendite alle aste dirette a collezionisti o amatori non solo del vino ma anche della storia che il vino ci tramanda. Siamo stati contattati anche da un distributore locale per il vino Nerone, ma comunque per ora si può reperirlo direttamente in azienda.

La sigillatura dell'orcio  

Maurizio Pellegrini, a che epoca risalgono le prime tracce della produzione del vino in Italia?

Negli ultimi anni le ricerche nel campo della paleobotanica sono effettivamente aumentate e rincorrerle, anche per i diretti interessati, è abbastanza complesso.
La cultura classica da sempre ha attribuito ai Fenici, che colonizzarono l'Italia attorno all'800 a.C., e successivamente a Greci e Romani, il merito di aver introdotto la vite domestica nel Mediterraneo occidentale e la recente scoperta di un vitigno coltivato circa tremila anni fa (1300 - 1100 a. C.) dalla civiltà Nuragica finalmente contraddice con valide prove tale teoria. Infatti presso un nuraghe nelle vicinanze di Cabras, presso Oristano, sono stati scoperti alcuni semi di vitigni di vite domestica probabilmente di origine locale o, forse, importata più anticamente. A suffragio di questa ipotesi, il gruppo di ricerca sta raccogliendo materiali in tutto il Mediterraneo cercando tracce per verificare possibili "parentele" tra le diverse specie di vitigni. I semi, di vernaccia e malvasia ritrovati in un "pozzo dispensa", sono stati datati con l'esame del carbonio 14 dagli studiosi dell'equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell'Università di Cagliari e fanno ritenere che la coltura della vite nell'Isola fosse conosciuta sin dall'età del bronzo. Grazie alla prova del Carbonio 14 i semi sono stati datati intorno a 3000 anni fa, età del bronzo medio e periodo di massimo splendore della civiltà Nuragica".
Invece alcune tracce di Vitis sylvestris, con forme di embrionale coltivazione, sono stati trovate anche nei siti della "Marmotta" sul lago di Bracciano datate fra il 5750 e il 5260 a.C. e di Sammardenchia-Cûeis, in provincia di Udine, un sito datato tra il 5600 e il 4500 a.C. circa.
Altri resti di vite selvatica sono stati rinvenuti nei siti di Piancada (Udine) e Lugo di Romagna (Ravenna), entrambi risalenti al Neolitico antico.
Nella direzione di una origine indigena della viticoltura in Italia vanno anche le ricerche praticate nell'ambito del "Progetto Vinum" mediante lo studio degli aspetti legati all’origine e all’evoluzione della viticoltura, al processo di produzione del vino nell’antichità e con le analisi dei genotipi delle viti autoctone campionate in prossimità dei siti etruschi e romani.


La preziosa anforetta del Nerum


La sperimentazione condotta dall’Azienda Tarazona di Francesco Mondini è un interessante esempio di connessione tra nuove forme di imprenditoria e cultura. Quali potrebbero essere gli sviluppi futuri? Penso, per esempio, al turismo culturale o alla possibilità di realizzare esperienze didattiche all’interno dell’azienda.

L'esperienza portata avanti dall’Azienda Tarazona apre veramente nuove prospettive; per prima cosa la vinificazione praticata dagli amici Francesco Mondini ed Egidio Forasassi demitizza finalmente la convinzione comune che il cibo dell'antichità non possa essere gradito anche ai giorni nostri. Effettivamente gran parte del vino antico aveva una gradazione alquanto elevata, questo perché in questo modo poteva essere conservato più a lungo e per questo motivo doveva essere diluito ed aromatizzato. Ma, sono certo, che in condizioni ottimali e sempre legate al ceto, il vino doveva essere anche molto buono. Quindi bere oggi un vino che si avvicini alla vinificazione antica ma che abbia anche un gusto "moderno" non può che essere considerato un azione culturale ed avvicinarci di più alla nostra storia come apprezzare un affresco in un sito o un antico vaso nella vetrina di un museo.  Un futuro sviluppo può essere senz'altro quello del turismo culturale da effettuarsi nelle aziende che seguiranno questo impulso ed esperienze didattiche accompagneranno indubbiamente questa nuova prospettiva imprenditoriale.

I musei, le aree archeologiche, le istituzioni culturali che sono interessate alla realizzazione di eventi con Synaulia e con l’Azienda Agricola Tarazona possono utilizzare i seguenti contatti:

IL GRANDE GIOCO DELL’INDUSTRIA


50 + 1 OGGETTI CHE HANNO FATTO LA STORIA DELL’IMPRESA ITALIANA


dal 9 al 31 ottobre 2015

Spazio Folli 50.0 – via Egidio Folli 50 – Milano

La mostra “Il grande gioco dell’industria”, curata da Francesca Molteni, è organizzata da Museimpresa ‐ Associazione Italiana dei Musei e degli Archivi d'Impresa ‐ con il patrocinio di Assolombarda ed è inserita nel calendario degli eventi di Expo in Città. E’ un racconto che narra la storia di cinquanta oggetti scelti dalle collezioni degli archivi e dei musei associati a Museimpresa, con la
collaborazione dei loro curatori. Il cinquantunesimo, la spoletta volante, rappresenta l’“anno zero” della storia.
Una caratteristica li accomuna. Sono figli dell’industria, di grandi visioni o di piccoli traguardi, hanno plasmato l’immaginario collettivo, segnato un progresso tecnologico, accompagnano la nostra vita quotidiana.
Raccontano una storia d’impresa, il Made in Italy, ma anche la storia della cultura e della società italiana. E soprattutto sono per tutti, perché sono nati per arrivare dovunque. Vederli riuniti, permette di comprendere la grandezza dell’ingegno umano, la creatività e la passione dietro piccole e grandi invenzioni.
La mostra ‐ curata da Francesca Molteni, autore della rubrica “Oggetti d’impresa” per il Domenicale del Sole24ore e ideatore di progetti di comunicazione per aziende e istituzioni ‐ si sviluppa come una grande linea del tempo, che intreccia la storia, la comunicazione, il progetto, le innovazioni tecnologiche e di prodotto che hanno fatto di quell’oggetto un’icona.
La visita si snoda in un percorso formato da grandi pannelli di legno che raccontano con immagini e testi la storia dell’industria italiana. Il percorso è affiancato da alcuni oggetti che completano la cronologia dalla Rivoluzione industriale ad oggi.
L’idea è nata tre anni fa sulle pagine de Il Domenicale del Sole24Ore: su queste pagine nel novembre del 2012, Museimpresa ha lanciato una sfida. Raccontando la storia della flying shuttle, la spoletta volante inventata nel 1733 da John Kay, il simbolo della Rivoluzione industriale, è stato chiesto alle imprese italiane che hanno creato archivi e musei aziendali associati a Museimpresa, di selezionare un oggetto altrettanto rappresentativo. Un’icona, insomma, per la storia dell’industria italiana. L’oggetto più innovativo, più venduto o più curioso, un simbolo, esattamente come la spoletta di Kay.
Da allora, grazie alle pagine de Il Domenicale, le aziende hanno raccontato la biografia, l’unicità dei propri manufatti, e hanno trovato spazio alcune di queste storie: un modo per far conoscere a tutti che cosa c’è dietro una piccola, grande invenzione che ha cambiato la nostra vita, la nostra cultura e – perché no – la storia economica del nostro Paese.
Oggi Museimpresa ha raccolto e completato questo inventario nella mostra “Il grande gioco dell’industria. 50 + 1 oggetti che hanno fatto la storia dell'impresa italiana”, che si terrà presso lo spazio Mostrami Factory @Folli50.0, un progetto voluto da Fondazione Bracco e coordinato dal collettivo di giovani artisti Mostrami. Una fucina creativa e un cantiere artistico, culturale e sociale che ospita, negli storici spazi della Bracco a Lambrate, mostre d’arte, installazioni, teatro, musica live, ballo, corsi e attività laboratoriali per bambini, giovani, famiglie e adulti. Un luogo di condivisione e di aggregazione aperto alla città durante i mesi di Expo 2015. Un luogo ideale per ospitare una mostra di immagini, disegni e oggetti, per raccontare com’è stato rivoluzionato, illustrato e promosso il nostro mondo industriale.
La mostra è stata prodotta in collaborazione con MUSE Project Factory, il coordinamento editoriale e la redazione sono di Roberta Busnelli, il progetto grafico di Massimiliano Patrignani e Monica Zaffini, ma:design.
Il progetto di allestimento è di Franco Raggi, la realizzazione di Giuseppe Bienati.

Museimpresa, Associazione Italiana Archivi e Musei d'Impresa, è nata nel 2001: promossa da Assolombarda e Confindustria, associa fondazioni, archivi e musei aziendali che, attraverso la conservazione e la valorizzazione di documenti, oggetti, materiali iconografici, raccontano e testimoniano la storia dell'impresa
e dei suoi protagonisti. L’Associazione ha adottato sin dagli esordi un’attenta strategia territoriale che, mettendo in rete gli archivi e i musei aziendali, stimola un dialogo continuo e uno scambio di esperienze tra gli associati e la comunità museale, le istituzioni e gli enti di ricerca, con particolare attenzione al mondo della scuola e al grande pubblico.

INFORMAZIONI

www.museimpresa.com
www.folli50.it

Inaugurazione mostra: Giovedì 8 ottobre 2015, 19.00 – 21.00
Spazio Folli 50.0, Via Egidio Folli, 50 – Milano

Apertura al pubblico: dal 9 al 31 ottobre 2015
Spazio Folli 50.0
Via Egidio Folli, 50 – Milano

Orari mostra:
Giovedì: 15.00 – 21.00
Venerdì: 15.00 – 23.00
Sabato: 11.00 – 23.00
Domenica: 11.00 – 21.00

INGRESSO GRATUITO

Come raggiungere Spazio Folli 50.0
Indirizzo: via Egidio Folli, 50 – Milano
Bus: 55, 75, 965
Tram: 23, 33
Metro: MM2 Lambrate (8 minuti a piedi)
Parcheggio gratuito per chi ci raggiunge in auto

Ufficio Stampa
Manzoni 22
Silvia Introzzi: silvia.introzzi@manzoni22.it
Camilla Palma: camilla.palma@manzoni22.it
Tel: 031 303492 ‐ 82

Appuntamento a Massa Marittima!

Vi aspetto tutti venerdì a Massa Marittima per il Sesto Convegno Nazionale dei Piccoli Musei. Puntuali alle 15, mi raccomando, in via Carlo Goldoni, Palazzo dell'Abbondanza! A presto!

http://piccolimusei.weebly.com/sesto-convegno-nazionale-dei-piccoli-musei.html


Come difendere il patrimonio dell’umanità?



copyright http://ainsyria.net/

Vi segnalo il post tratto da un altro mio blog 


⃝ Journalism and archaeological communication: Come difendere il patrimonio dell’umanità?


Vi troverete tutti i dettagli riguardo il convegno che si svolgerà Domenica prossima, 4 ottobre, all'Expo di Milano, Cascina Triulza, sala conferenze 100, dalle 14. Titolo del convegno: “Come difendere il patrimonio dell’umanità?”, organizzato da European Museum Forum e promosso dall’on. Roberto Rampi, VII Commissione Cultura alla Camera.


Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...