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Divulgare con sapienza

Saper comunicare è un'arte, ci spiega la blogger Francesca Pontani 

A proposito della capacità di comunicare, che si tratti di professionisti museali o di specialisti che cercano di fare divulgazione, purtroppo c’è ancora poca consapevolezza di quanto sia importante conoscere i modi e gli strumenti più indicati per rapportarsi con il pubblico non specialista.

L’archeologa e blogger Francesca Pontani ha scritto un bellissimo articolo sul suo blog ArcheoTime, News di Archeologiaa seguito del Festival degli Etruschi. I pirati della bellezza*. Mi è gradito riportare qui alcuni stralci, invitandovi a leggere integralmente l’articolo.

Scrive Francesca:

«L’ho trovato molto evocativo (il titolo della manifestazione) e già da solo ti faceva viaggiare con la mente e l’immaginazione. Ma accanto a tutto questo enorme sforzo di creare una manifestazione apripista e volano anche economico per tutta la provincia, ci sono state una serie di occasioni perse da parte degli attori chiamati in campo in questa “partita”»

«…ma negli eventi pubblici mostriamo il meglio di noi e soprattutto proviamo a COMUNICARE, a TRASMETTERE IL VALORE di quello di cui stiamo parlando: museo/area archeologica/scavo archeologico, ecc. ecc.».

«Basterebbe essere più sicuri di se stessi e COMUNICATIVI per acquistare automaticamente autorevolezza. Anche perché si può essere professionali, precisi e “scientifici” ma anche divulgativi allo stesso tempo».

«Le slide: anche questo un capitolo a parte… pure queste (nella maggior parte) accademiche e “noiose” …tranne un caso in cui per mostrare i luoghi di cui si parlava ci si è rivolti a chi con la fotografia cerca di comunicare emozioni e viaggi interiori… (e ci riesce sempre davvero…) ecco: perché in occasione di questa manifestazione i vari relatori non hanno cercato di trovare immagini più accattivanti??…boh (…mistero…)».

«Si perché tu CI DOVEVI INVITARE A VENIRE a trovarti lì dove tu stai, ci dovevi coinvolgere, CI DOVEVI FAR VENIR VOGLIA DI VENIRE DI CORSA (dico: DI C-O-R-S-A) a vedere il tuo museo/area archeologica/reperto archeologico di cui stavi parlando … e invece no, solo (o quasi) analisi dettagliate con linguaggio tecnico».

«ESSERE COMUNICATIVI È UN’ARTE E UN TALENTO, su questo mi rendo conto: è un lavoro vero e proprio che a volte dobbiamo fare su noi stessi… però uno sforzo a calibrare e “adattare” le proprie (solite) didascaliche relazioni andava fatto, questa volta ne valeva la pena davvero…».

Riguardo, poi, i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni che hanno patrocinato l’evento, scrive Francesca:

«Dico solo una frase: ma dove stavano?? Non hanno alcun interesse a dare valore a chi (a titolo gratuito) va lì a fare “pubblicità” alle bellezze storiche/archeologiche/naturalistiche del loro territorio comunale? Io non li ho visti per nulla: non hanno questi comuni degli assessori alla cultura? Qualcuno che si occupa del museo che è presente nel loro territorio?»

Non posso non essere d’accordo con Francesca Pontani. Troppo spesso le Istituzioni locali si preoccupano più del fatto che i propri musei sono un fardello da sostenere piuttosto che pensare ad essi come ad un una opportunità da sfruttare, iniziando proprio, tra le varie priorità, da una valida strategia comunicativa che faccia dei musei il miglior biglietto da visita soprattutto dei piccoli centri. Non ci si può meravigliare, poi, che quando i musei sono lasciati abbandonati a se stessi, dopo un iniziale entusiasmo ed investimento economico (magari in concomitanza con qualche campagna elettorale), subiscano l’inevitabile destino di scomparire.

La comunicazione, dunque, è un gioco di squadra, un’arte – come ha ben scritto Francesca – ed è fatta di strategie sapienti che vanno oltre le “adunate” sul web, e che prendono in considerazione tutti gli strumenti a nostra disposizione, da quelli moderni, digitali e non, a quelli tradizionali, combinandoli insieme, sotto forma di racconto, di dialogo, di compartecipazione, senza trascurare alcuno e cercando di raggiungere tutti, dal bambino delle elementari all’ottantenne che non possiede né tablet né pc. 


* Manifestazione che si è svolta nei giorni 11-13 settembre a Viterbo, da un progetto degli ideatori di Caffeina Cultura. Qui il programma.

Viterbo promuove i “piccoli musei”



Il 26 e 27 settembre scorso, la Rocca Albornoz di Viterbo, sede del Museo Nazionale Etrusco, ha ospitato il Quinto Convegno Internazionale dei Piccoli Musei, un incontro annuale che vede riuniti specialisti in museologia, museografia, economia e marketing, responsabili di musei e pubblici amministratori per discutere di gestione dei musei “minori” e di piccole dimensioni, e di altre tematiche attinenti questo argomento. Non entro nel dettaglio dei contenuti che sono stati prodotti durante la due giorni viterbese, organizzata dall’Associazione Nazionale Piccoli Musei (APM), e che saranno oggetto di prossima pubblicazione, ma vorrei esprimere qui delle considerazioni sul significato che questo evento ha rappresentato per la collettività e, più in generale, alcune mie riflessioni sul ruolo sociale dei musei.
A mio parere, una comunità locale rafforza il proprio senso di identità proprio nel momento in cui si apre agli altri, cioè quando decide di condividere la ricchezza del proprio patrimonio culturale con il mondo esterno. E’ importante, però, che questa apertura implichi una profonda conoscenza di sé, non dettata da un banale orgoglio campanilistico che in un momento successivo potrebbe generare, al contrario, chiusure e intolleranze. Ciò che conta è una piena consapevolezza dell’importanza delle proprie radici, delle tradizioni e della cultura del luogo in cui si vive. Ho usato volontariamente l’espressione “in cui si vive” e non “in cui si è nati” perché la sensibilità culturale e spirituale cui mi riferisco non è necessariamente legata alle origini ma, piuttosto, all’indole delle persone: può accadere, infatti, che chi vanta antiche ascendenze locali sia poi, all’atto pratico, più indifferente nei riguardi della propria cultura rispetto a chi ha acquisito più di recente il diritto di sentirsi parte della comunità.

Il confronto con gli altri aiuta a capire se stessi e i musei possono avere un ruolo determinante nel processo formativo e nel mantenimento dell'autocoscienza della collettività. E’ importante che questo concetto si rafforzi anche grazie a momenti di pubblico dibattito. Il convegno di Viterbo ha portato in città persone provenienti da tutta Italia e anche dal resto del mondo - Brasile, Slovenia e, a distanza, la Spagna – con la presenza di delegazioni i cui rappresentanti, specialisti di organizzazioni ministeriali e regionali dei rispettivi Paesi di origine (Instituto Brasileiro de Museus – IBRAM; Museo regionale di Ptuj; rete locale dei Musei andalusi, REC CIE), hanno potuto osservare e comparare con le proprie le forme di gestione dei piccoli musei di Viterbo e della provincia. Ciascuno ha portato la propria esperienza e l’ha condivisa con tutti. Sono emersi aspetti positivi e problematiche, ma ritengo che uno dei risultati più apprezzabili di questo avvenimento sia stato il clima di grande collaborazione e cordialità che si è creato tra i partecipanti. 
Durante il convegno sono state numerose le presenze di uditori da tutta Italia (circa 200 nel corso delle due giornate) e anche di viterbesi, della città e della provincia. Tale presenza locale è da evidenziare a prescindere dalla sua entità. Non ritengo essenziale, infatti, che i residenti presenti al convegno siano stati molti o pochi; più importante è che dai presenti sia stata accolta o consolidata l’idea che il patrimonio culturale appartiene all’intera comunità (la cui salvaguardia è imprescindibile da una forte presa di coscienza civica) e che i piccoli musei, indipendentemente dal tipo e dalla natura giuridica, sono il luogo per eccellenza in cui poter dare forma e concretezza al desiderio di compartecipazione della gente.
Mi piace raffigurare simbolicamente il buon risultato di questo convegno, in particolare per la città che ci ha dato ospitalità, con l’immagine di un germoglio che sta nascendo in un terreno fertile: non si può non considerare, infatti, che la Tuscia possiede circa 70 musei, alcuni dei quali applicano efficacemente forme di gestione in cui la relazione museo/comunità ha un ruolo importante. Tale orientamento dovrà essere potenziato ed esteso a molti altri musei del viterbese, ma questa prospettiva potrà essere attuata se si verificheranno due condizioni indispensabili: la prima è la passione (“la passione è fondamentale ed è a costo zero”, ama ripetere David Fleming, famoso curatore britannico), senza la quale è arduo, per chi ha la cura di un museo, riuscire a coinvolgere il pubblico più difficile, quello dei residenti; la seconda è il sostegno delle istituzioni locali, che non può limitarsi alla sola erogazione di fondi ma che deve fondarsi soprattutto sulla consapevolezza, cioè sulla capacità di comprendere le potenzialità che un museo può avere per lo sviluppo sociale e perfino economico di una città o di un territorio. Il museo che viene tenuto aperto quel tanto che basta per accogliere i pochi turisti di passaggio è destinato a chiudere o a restare un luogo senza vita e senz’anima.
Il museo che si rivolge innanzitutto alla propria comunità, invece, la coinvolgerà in iniziative in grado di richiamare l’attenzione di ogni categoria sociale, cercherà la collaborazione di aziende, artigiani, etc., creando favorevoli sinergie tra economia, cultura e territorio. Sarà un museo vivo e solo dopo potrà aprirsi agli altri visitatori in modo corretto, creando interesse intorno a sé anche se distante dalle rotte più importanti del turismo nazionale e internazionale perché è l’autenticità che richiama i visitatori più sensibili alle proposte culturali e ambientali di nicchia. “I primi turisti sono i residenti”, afferma Giancarlo Dall’Ara, fondatore dell’APM, secondo il quale “i musei possono avere un ruolo fondamentale nel rilancio dei territori se si valorizzeranno le radici culturali locali, investendo più sulle persone che sugli strumenti della promozione tradizionale”.
Durante il convegno di Viterbo abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci direttamente con i direttori di alcuni musei locali e abbiamo percepito una grande voglia di fare da parte di questi professionisti che spesso operano in condizioni di semi-volontariato o di puro volontariato, con entusiasmo ma anche con un senso di avvilimento perché senza il sostegno convinto delle istituzioni si finisce con il dover lavorare al minimo delle potenzialità. Il mondo variegato e complesso dei musei risente della mancanza di un sistema di standard efficace che considera più importanti gli aspetti qualitativi piuttosto che quelli quantitativi. I direttori dei musei con cui ci siamo confrontati nella Tuscia, hanno lamentato, da parte della Regione (e questo è un problema che non riguarda solo la Regione Lazio) una costante richiesta di dati sul numero di ingressi e nessun tipo di processo valutativo della qualità delle iniziative culturali prodotte nei loro musei.
E’ necessario invertire la rotta premiando le buone pratiche e incentivando il più possibile l’attività culturale ed educativa dei musei, cioè quella che si dovrebbe svolgere ogni giorno all’interno delle strutture museali (e non solo l’impegno limitato a poche “giornate speciali” cui il Ministero dei Beni culturali e i media danno così tanto risalto). E’ importante incoraggiare le attività “dal basso”, quelle che nascono grazie al coinvolgimento diretto della comunità, migliorare il rapporto con le scuole, che non si limiti a episodiche visite scolastiche programmate saltuariamente, ma che sia veramente continuativo e interattivo, intra ed extra muros; altrettanto importante è lavorare per l’inclusione sociale e per aiutare la comunità a risolvere i problemi.  Per capire quanto sia incisiva l’azione di un museo, la sua realtà deve essere analizzata in modo completo, tenendo conto anche di tutto ciò che si muove intorno ad esso: le professionalità che ad esso afferiscono, le varie forme di volontariato e, in particolare, l’associazionismo, espressione dell’impegno civico collettivo. Ogni luogo, inoltre, ha caratteristiche sue proprie e anche questo incide sulla scelta del tipo di pianificazione culturale da parte dell’ente museale.
Una strategia gestionale orientata verso la collettività non mette in secondo piano il lavoro di ricerca e di divulgazione delle conoscenze che ogni museo deve compiere, ma significa fare in modo che le “collezioni” e lo studio della materia di riferimento (che si tratti della storia dell’arte o dell’antropologia o delle scienze naturali, o di qualunque altra disciplina) servano a rendere attivo il ruolo sociale del museo, “il suo essere elemento di aggregazione, di continuità e di identità di una comunità (che) si esplica, dunque, nel conservare per la comunità e nel mostrare alla comunità i prodotti della propria storia” (Giovanni Pinna).

Il convegno di Viterbo dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei è un evento che non potrà ripetersi a breve termine ma non vogliamo che le premesse che sono state create in questa occasione svaniscano nel nulla. Se riusciremo a trovare altri momenti di incontro e di dibattito costruttivo in ambito locale, sarà possibile riprogettare il futuro dei musei della Tuscia con la collaborazione di tutti. Il nostro territorio e, in generale, tutto il Paese, non ha bisogno di veder nascere nuovi musei se questi non sono realmente l’espressione della volontà comune, popolare ed istituzionale, che sostenga e alimenti il progetto scientifico/culturale degli specialisti. Il convegno di Viterbo e gli altri incontri che lo hanno preceduto negli anni passati non devono essere intesi, quindi, come una “esaltazione” acritica dei piccoli musei, ma per quello che effettivamente rappresentano: momenti di approfondimento e di analisi delle problematiche che riguardano i musei visti attraverso “la piccola dimensione”, una condizione che interessa tanto i musei dei piccoli centri quanto quelli delle grandi città, talora definiti “musei minori” e non “piccoli” perché non tutti sono limitati in termini di spazio ma sono ridotti più in relazione al numero dei componenti dello staff, alla quantità di visitatori e alla esiguità delle risorse disponibili, in raffronto con i grandi musei più noti e frequentati. Ci auguriamo che il convegno appena concluso abbia contribuito a diffondere il concetto che essere musei “piccoli” significa cogliere il valore di questa condizione e sfruttarne i vantaggi: la possibilità di poter dedicare la maggior parte delle proprie risorse ed energie alla cura dell’accoglienza, al rapporto più stretto e meno formale con il pubblico, alla ricerca della collaborazione di tutta la collettività.


Caterina Pisu
Coordinatrice nazionale

Associazione Nazionale Piccoli Musei


A Viterbo il Quinto Convegno Internazionale dei Piccoli Musei



Il 26-27 settembre, a Viterbo, presso il Museo Nazionale Etrusco, Rocca Albornoz, si svolgerà il Quinto Convegno Internazionale dei Piccoli Musei organizzato dall’Associazione Nazionale Piccoli Musei (APM) con il patrocinio del Comune di Viterbo, della Provincia di Viterbo e con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale e dell’Incubatore Culturale ICult- BIC Lazio.
Collaborano all’organizzazione dell’evento la Società Archeoares, l’associazione Archeotuscia e l’associazione Historia.
La prima giornata del convegno, venerdì 26, avrà inizio alle ore 15.00, la seconda giornata, sabato 27, alle ore 9.00.
Negli anni precedenti i convegni annuali dell’APM si sono svolti a Castenaso (BO), a Battaglia Terme (PD), ad Amalfi (SA), e ad Assisi (PG).
Ad ogni edizione hanno partecipato specialisti del settore dei musei, del turismo, della comunicazione e dell’economia per discutere e per confrontarsi su tematiche inerenti i piccoli musei o i cosiddetti musei “minori”, ma che in ogni Paese del mondo rappresentano una realtà importante (in Italia sono il 90% dei musei) e molto spesso il tessuto culturale più vivo e più vicino alle comunità. E’ importante che i piccoli musei non siano considerati “copie ridotte” dei grandi musei, ma istituzioni con proprie caratteristiche specifiche, i cui punti di forza sono soprattutto la capacità di essere accoglienti e di essere luoghi culturalmente e socialmente vivificanti dei territori cui appartengono.
Si tratta dell’unico convegno, in Italia e in Europa, dedicato espressamente ai piccoli musei, e del secondo nel mondo insieme al convegno dell’organizzazione statunitense Small Museums Association.
Quest’anno, in occasione del Convegno di Viterbo si avranno due importanti novità: la prima è l’apertura al confronto con le realtà museali estere. 
Giungerà a Viterbo dal Brasile una delegazione dell’Instituto Brasileiro de Museus-IBRAM e, dalla Slovenia, la Dott.ssa Aleksandra Nestorović, curatore della sezione archeologica del Pokrajinski muzej Ptuj (Museo regionale di Ptuj - Ormož).  
Gli ospiti stranieri saranno presenti a Viterbo dal 23 settembre per partecipare al convegno e per compiere un viaggio tecnico di conoscenza dei metodi di gestione dei musei di Viterbo e del suo territorio, in particolare del Sistema museale del Lago di Bolsena. L’APM è in contatto con la rete museale spagnola RED CIE della regione andalusa, la quale invierà un messaggio di saluto in questa occasione.
La seconda novità è un evento che sarà collegato al convegno ma che abbiamo voluto dedicare in modo specifico a Viterbo: il Focus Tuscia, una vetrina delle eccellenze, dei prodotti e delle attività culturali ed editoriali del territorio viterbese. Il Focus Tuscia avrà inizio alle ore 15.00 del 27 settembre, subito dopo la chiusura della seconda giornata del convegno, e si svolgerà presso la sede dell’Incubatore Culturale ICult-BIC Lazio. Alle 17.00 è previsto un seminario/incontro con i direttori dei musei della Tuscia.

Il sito web del Quinto Convegno dei Piccoli Musei: http://quintoconvegnoapm.weebly.com

Il sito web ufficiale dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei: http://piccolimusei.weebly.com

Il Museo diffuso a Ronciglione



Una nuovissima iniziativa è stata realizzata da molti giovani a Ronciglione: l’avvio di un Museo diffuso del territorio che non potrà non avere ampia eco e riconoscimento per le implicazioni culturali e sociali che potrà comportare.
Tanto per iniziare, l’assessore al turismo del Comune di Ronciglione, Giuseppe Duranti, è stato tra i primi a favorire e riconoscere l’alto valore dell’ iniziativa di questo Museo diffuso, realizzato da tanti giovani di Ronciglione che, a titolo gratuito, hanno voluto dimostrare come sia possibile offrire ad una città momenti di aggregazione culturalmente validi e creativi in cui si riconoscono e si sentono coinvolti. In particolare, il Museo diffuso di Ronciglione vede come punto di forza l’utilizzo delle più moderne tecnologie, come i QRCode e lo smartphone, strumenti ormai di uso comune, almeno tra i giovani. I QRCode permettono una rapida decodifica di contenuti che, nel nostro caso, rimandano a pagine web, dotate di audio; tali codici, collocati su apposite segnaletiche accanto ai principali monumenti cittadini, permettono l’ulteriore informazione dettagliata relativa a quel monumento, costituita da un audio, alcune foto e un testo, tutti correlati tra loro. Lo smartphone è in grado di scannerizzare il QRCode e di “raccontare” il monumento al turista. Tutto questo per riferire dell’uso strettamente tecnico dei dispositivi messi in atto per la descrizione dei luoghi salienti della città. Ma un Museo diffuso non si limita a questo, non è solo la presentazione di informazioni storiche, architettoniche, artistiche di un sito, va oltre: amplia il concetto di “museo” che non viene più visto come luogo delimitato e, forse, anche poco frequentato… Un Museo diffuso comunica, per definizione, un’idea di più ampio respiro relativa alla valorizzazione dei luoghi, ma anche delle persone che quei luoghi vivono, delle loro stesse capacità creative che hanno contribuito a rendere quel territorio così particolarmente unico.

E’ questa la forza di un Museo diffuso: l’integrazione naturale, vivace, in continuo progredire dei luoghi e delle comunità che li vivono; così, accanto alle segnalazioni di importanti monumenti si potranno avere QRCode accanto ad uffici o negozi o laboratori, per indicarne orari o le caratteristiche professionali o artigianali di chi li gestisce, riportando la storia e lo sviluppo che una specifica attività può avere avuto negli anni. E’ il modo con cui la stessa comunità cittadina “si racconta”, armoniosamente con i monumenti e i beni culturali che la circonda, divenendo protagonista essenziale del territorio che abita.

A Ronciglione i tanti ragazzi che avevano dato vita alla Notte Giovani, hanno saputo individuare un ambito di collaborazione e concreta operatività realizzando questo Museo diffuso che vede così essi stessi primi protagonisti di quanto hanno inteso proporre alla città.  E, d’altra parte, l’accoglienza e il sostegno dell’assessore Duranti all’idea del Museo diffuso di Ronciglione, testimonia quel carattere fondamentale che una iniziativa come questa deve avere: il coinvolgimento tra popolazione e istituzioni, insieme per proporsi come strumenti di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale dei luoghi e delle persone che li vivono. 
(tratto da OnTuscia)

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...