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Il grande saccheggio

Vent’anni di contrasto al traffico illecito di reperti archeologici e una straordinaria scoperta


Da sinistra: Maurizio Pellegrini, Fabio Isman e Alessandro Barelli
Venerdì 22 aprile, presso l’Auditorium della Fondazione Carivit di Viterbo, a Valle Faul, ho avuto il piacere di assistere alla conferenza dell’archeologo Maurizio Pellegrini, funzionario della Soprintendenza Archeologia Lazio ed Etruria Meridionale (già Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria Meridionale prima della Riforma Franceschini) e del giornalista e scrittore Fabio Isman (autore del libro “I predatori dell’arte perduta”). 
L’occasione, nell’ambito del ciclo di incontri “Etruscans – Gli Etruschi mai visti” (organizzato dall’Associazione Historia di Alessandro Barelli), ha permesso di ricordare vent’anni di attività di contrasto al traffico illecito di reperti archeologici che l’Ufficio Sequestri della Soprintendenza ha condotto con grande dedizione e con straordinaria efficacia, ma spesso rimanendo nell’ombra, come dimostra lo scarso riscontro avuto dal punto di vista mediatico, e, mi permetto di dire, anche il tiepido plauso che i protagonisti diretti di questa battaglia contro i trafficanti d’arte hanno ricevuto anche dalle Istituzioni (si può leggere in questo blog un’intervista a Daniela Rizzo e a Maurizio Pellegrini, condotta dalla sottoscritta, nel 2013, per il mensile Archeo News). Eppure i risultati sono stati, quelli sì, sotto i riflettori del mondo: è sufficiente ricordare la restituzione all’Italia del Cratere di Eufronio, scavato illecitamente, venduto ed esposto fin dal 1972 presso il Metropolitan Museum di New York; oppure l’Afrodite di Morgantina, restituita dal Paul Getty Museum di Malibu che l’aveva ottenuta nel 1986 da Robin Symes per la cifra di 18 milioni di dollari, solo per citare due dei casi più clamorosi.

Robin Symes, il più grande trafficante inglese


Proprio su Robin Symes si è focalizzato l’intervento di Fabio Isman, grande conoscitore delle vicende di traffico clandestino internazionale che negli ultimi cinquant’anni ha privato il nostro Paese di almeno un milione e mezzo di reperti, secondo la stima effettuata dall’Università di Princeton; “una vera e propria razzia” – ha sottolineato Fabio Isman. I pochi reperti restituiti hanno un valore superiore ai due miliardi di euro e questo dato rivela l’entità di un commercio dalle cifre stratosferiche e quindi, proprio per questo motivo, molto difficile da combattere completamente, tanto più che in questo traffico non si sono tirate indietro neppure le più famose case d’asta. Robin Symes, nativo del quartiere londinese di Chelsea, era un antiquario che è considerato uno dei più grandi trafficanti d’arte, soprattutto alla luce dei più recenti recuperi. La fine dei suoi affari è dovuta ad una circostanza avversa, legata alla morte accidentale del compagno Christo Michaelides, nel 1999. Quando la sua famiglia intraprese un’azione legale contro Symes, rivendicando l’eredità di Michaelides, l’antiquario mentì riguardo l’entità del patrimonio e dunque fu condannato a due anni di reclusione per l’impostura e per l’oltraggio alla corte (e quindi non per il reato di ricettazione e vendita di opere d’arte). Le vicende giudiziarie che hanno portato Symes al fallimento hanno anche rivelato l’enorme attività di ricettazione e di vendita dei reperti archeologici, trafugati per buona parte dall’Italia. Presso il suo magazzino di stoccaggio in Svizzera, lo scorso gennaio le autorità italiane hanno rinvenuto ben 45 casse colme di reperti dall’Etruria e dall’Italia meridionale, per un valore di circa 9 milioni di euro. Molti di questi oggetti - stiamo parlando di migliaia di reperti – provenivano da un edificio templare, localizzato probabilmente a Cerveteri; si tratta di numerosi frammenti di lastre architettoniche policrome o con rilievi, databili tra la metà e la fine del VI sec. a. C., la cui entità dimostra chiaramente che il santuario è stato totalmente razziato dai clandestini. E’ uno dei rinvenimenti archeologici più importanti degli ultimi decenni.
E’ stato anche dimostrato che Symes aveva sicuramente rapporti d’affari con l’italiano Giacomo Medici e con l’americano Robert E. Hecht, entrambi famigerati trafficanti d’arte che hanno rifornito numerosi musei in tutto il mondo e in particolare il Paul Getty Museum. La stessa ex curatrice del museo americano, a riprova degli stretti rapporti con i faccendieri internazionali, aveva acquistato una villa su un’isola greca proprio per mezzo di Symes.

Lo scoop. L’insperata ricostruzione di un contesto archeologico depredato: il corredo della tomba apula di Ascoli Satriano


Nel corso della conferenza, Maurizio Pellegrini ha reso nota una sua importantissima scoperta: la ricostruzione, dopo la vendita e il successivo recupero, di quello che si suppone possa essere l’intero corredo tombale di una tomba da Ascoli Satriano, scavata clandestinamente.
Uno dei danni maggiori prodotti dagli scavi clandestini è, ovviamente, la perdita della connessione tra l’oggetto riportato alla luce e il proprio contesto di provenienza. E’ praticamente impossibile, tranne nel caso in cui gli stessi tombaroli abbiano documentato il recupero e ne abbiano informato successivamente gli inquirenti, riuscire a ricostruire un corredo tombale per intero. Per questa ragione, la scoperta di Maurizio Pellegrini assume una rilevanza straordinaria.
Per ripercorrere le varie fasi dell’indagine è necessario risalire ai tempi del processo contro la curatrice del Getty, Marion True, e contro Robert Emanuel Hecht, aperto presso il Tribunale di Roma. In quella circostanza si acquisì una nota riservata scritta da Arthur Houghton - curatore del Getty prima della True - il quale, scrivendo alla direttrice associata del museo, Deborah Gribbon, faceva riferimento ad un articolo scientifico in cui venivano menzionate alcune opere marmoree – in particolare il trapezophoros, la lekanis - che erano state poco tempo prima acquisite dal museo americano e che il trafficante d’arte Giacomo Medici aveva dichiarato provenire da una stessa tomba “non lontano da Taranto”, un contesto che includeva anche “un discreto numero di vasi del Pittore di Dario”.
Recentemente queste opere - che nel 1985 erano state vendute al Getty, per la cifra di 500 mila dollari, dal collezionista di New York, Maurice Tempelsman[*] - sono rientrate in Italia.
Successivamente, nel corso delle loro investigazioni, Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini notarono un gruppo di 21 vasi apuli esposti nel Staatliche Museen di Berlino, tutti provenienti da una stessa tomba e, tra questi, due crateri apuli a figure rosse erano attribuibili al Pittore di Dario. Bisogna sottolineare che questi reperti furono acquistati tutti insieme dal museo tedesco, nel 1984, da una famiglia svizzera che ne era proprietaria all’incirca dal 1970, come attestato da due testimoni di cui una di loro, tale Fiorella Cottier Angeli, era una restauratrice, funzionaria delle dogane elvetiche del Porto Franco e collaboratrice del trafficante Giacomo Medici! L’altro testimone, invece, era Jacques Chamay, direttore del Museo di Ginevra più volte implicato in indagini della magistratura italiana, che giurò d’aver scoperto egli stesso i reperti in questione.

Le Polaroid con lo stesso numero di imballo dei vasi apuli e dei marmi di Ascoli Satriano

Le indagini della Rizzo e di Pellegrini stabilirono, invece, che 4 dei 21 vasi apuli erano rintracciabili nelle polaroid dell’archivio Medici; due vasi appaiono ancora in frammenti, prima del restauro, ma – particolare importante -  le polaroid in cui sono stati immortalati recano un identico numero di serie (00057703532) e facevano parte di una confezione di polaroid "300 Istant Film" da 20 scatti. Maurizio Pellegrini, quindi, ricordando il documento confidenziale del Getty dove il trafficante informava che il trapezophoros e la lekanis provenivano da una tomba "non lontano da Taranto, che includeva un certo numero di vasi del Pittore di Dario”,  scopre che altre sei polaroid con l’identico numero di serie, mostrano il trapezophoros in pezzi e la lekanis, ancora ricoperti di terra, fotografati nel bagagliaio di un auto, subito dopo lo scavo clandestino: ciò significa che i vasi apuli e i reperti marmorei provengono sicuramente dalla stessa importante tomba apula della seconda metà del IV sec. a. C. I primi sono attualmente ancora esposti nel Staatliche Museen di Berlino, mentre il trapezophoros, la lekanis, cui si aggiunge la statua di Apollo (proveniente sempre da Ascoli Satriano ma da un altro contesto) sono stati restituiti dal Getty Museum ed ora sono esposti ad Ascoli Satriano.

I marmi restituiti all'Italia dal P. Getty Museum, esposti ad Ascoli Satriano

A ciò si aggiunge un’altra ipotesi suggestiva, sebbene ancora da verificare. Al Pittore di Dario e allo stesso ambito culturale sono attribuiti anche un altro gruppo di vasi, tutti acquistati dai musei americani tra il 1984 e il 1991 e già restituiti allo Stato italiano: un’anfora a figure rosse decorata con la scena della morte di Atreo, venduta da Hecht al Museum of Fine Arts di Boston; la pelike apula a figure rosse decorata con il ritorno di Andromeda venduta al Getty Museum; la loutrophoros apula a figure rosse decorata con Niobe in lutto, venduta al Princeton University Museum of Art; un cratere a volute apulo a figure rosse venduto al Cleveland Museum of Art; un dinos apulo a figure rosse con Ercole e Busiride venduto al Metropolitan Museum of Art di New York. Potrebbero appartenere anch’essi alla stessa tomba di Ascoli Satriano cui provengono gli altri reperti? Questa seconda ipotesi, al momento, salvo altre scoperte o rivelazioni degli stessi trafficanti d’arte, potrà essere confermata solo da ulteriori analisi. Tuttavia è già un risultato clamoroso l’essere riusciti a ricostruire, forse interamente o forse solo parzialmente, il contesto dei vasi apuli e dei reperti marmorei da Ascoli Satriano, venduti separatamente in Germania e negli Stati Uniti, subito dopo lo scavo clandestino. Per una volta si è riusciti non solo a ottenere la restituzione di parte dei reperti, ma anche a recuperare dei dati preziosi ai fini della ricerca storica e archeologica.


Il video della conferenza è stato curato da Mauro Galeotti. 




[*] Maurice Tempelsman, affarista belga-americano e mercante di diamanti, è noto in Italia per essere stato a lungo il compagno di Jacqueline Kennedy Onassis, ex First Lady degli Stati Uniti.

Robert E. Hecht Jr., leading antiquities dealer over five decades, dead at 92

photo by Ed Alcock/NYT
Robert E. Hecht Jr. 1919 - 2012

Bob Hecht died quietly at home in Paris at about noon on Wednesday, according to his wife Elizabeth. He was 92 years old. Here’s my obituary in the LA Times.
When Robert E. Hecht Jr. arrived at the loading platform of the Metropolitan Museum of Art in New York in the fall of 1972, he was carrying a large wooden box and was escorted by an armed guard.
Inside the box was perhaps the finest Greek vase to survive antiquity, a masterpiece that would soon be making headlines around the world.
The Met had agreed to pay a record $1 million for the ancient work. Hecht said it had been in the private collection of a certain Lebanese gentleman.
But when Met director Thomas Hoving heard the story, he scoffed: “I bet he doesn’t exist.”
Indeed, as Hecht later revealed in his unpublished memoir, he had just bought the vase from “loyal suppliers” who had dug it up from ancient tombs outside Rome and smuggled it out of Italy.


Robert Hecht poses in front of the famous looted
Greek vase he sold the museum in 1972 for $1 million.

The ensuing controversy over the so-called Euphronios krater marked a turning point in the art world, opening the public’s eyes to the shady side of museums. It also solidified Hecht’s reputation as the preeminent dealer of classical antiquities, driving him underground — but not out of business.
He became a legendary but mysterious figure, one whose passion for ancient art overcame any questions about the destruction wrought by its illicit origins.
That career ended Wednesday, when Hecht died at his home in Paris at age 92.
His death comes less than three weeks after the ambiguous end of his criminal trial in Rome on charges of trafficking in looted antiquities. Since the 1990s, Hecht had been at the center of an Italian investigation that traced objects looted from tombs in Italy through a network of smugglers, dealers and private collectors to museums across the United States, Europe and beyond.


This chart showing the key players in the illicit antiquities trade was seized by Italian police in the 1990s.

Hecht was accused of being a key player in that illicit trade, along with his alleged co-conspirators, former J. Paul Getty Museum antiquities curator Marion True and Italian dealer Giacomo Medici. Medici, who supplied Hecht with the Met’s famous vase after buying it from looters, was convicted in 2004. The trial of Hecht and True began in 2005, but the statute of limitations expired before the court could reach a verdict for either.
In a phone interview after his trial ended, Hecht sounded frail but characteristically coy about the source of his remarkable inventory of ancient vases, statues and frescoes, which now reside in museums around the globe.
“I have no idea of where an object was excavated,” he said. “It could have been excavated 100 years ago; it could have been excavated an hour ago.”
Hecht was born in Baltimore in 1919, heir to the Washington, D.C.-area department store chain that bore his family name. He served in the Navy Reserve in World War II, then accepted a scholarship to study classics and archaeology at the American Academy in Rome.
It was there that he began buying ancient art. At the time, ancient artifacts were sold openly to tourists in the city’s piazzas. But Hecht soon learned that his passion carried risks.
In 1962, he was barred from reentering Turkey after being accused of trying to smuggle out ancient coins. Not long after, he was accused in Italy of trafficking in looted antiquities. Italy’s highest court eventually exonerated him for lack of evidence.
That case was still working through Italy’s legal system when Hecht was offered the Euphronios krater by Medici, who had grown up near the Etruscan necropolis where the vase was illegally excavated.
The deal cemented Hecht’s relationship with Medici, whom he describes in his memoir as “a faithful purveyor” who “rose early each morning [and] toured the villages … visiting all the clandestine diggers.”
The ensuing scandal forced Hecht to relocate to Paris and do business through a series of front men, one of whom was a precocious ancient coin dealer named Bruce McNall.
“He was like a father,” said McNall, who first met Hecht in 1970 while buying ancient coins at an auction in Basel. “He was one of the most fascinating characters I’ve met in my life — a man of mystery, a genius, a family man.”
Soon after meeting, McNall and Hecht became partners, and according to McNall began selling recently looted antiquities to museums and collectors out of McNall’s Rodeo Drive storefront gallery. They also created an elaborate tax fraud scheme with former Getty antiquities curator Jiri Frel, arranging for Hollywood figures to donate looted antiquities to the Getty in exchange for inflated tax write-offs.
“I found him to be without question the most knowledgeable person I’d met in the business, much more of an academic than a dealer,” said McNall, who went on to produce Hollywood films and buy the Los Angeles Kings hockey team before going to jail on unrelated bank fraud charges.
Among Hecht’s top clients was the J. Paul Getty Museum, which was aggressively building its collection of ancient art in the 1980s and ’90s. In a deposition, True said Hecht could be “charming, very, very intelligent, but he could also turn, be very hostile, very sarcastic, very sinister.”
It was Hecht’s ties to the Getty that landed him on trial with True in Rome. In addition to Hecht’s memoir, which was seized in 2001, investigators found correspondence in which the two appeared to openly discuss the illicit origin of objects the Getty was buying.
Confronted with the evidence, the Getty and other leading American museums agreed to return more than 100 antiquities to Italy, including dozens that came through Hecht. Among them was the Met’s Euphronios krater, which was returned to Italy in 2008.
Ultimately, Italian prosecutors could not win a criminal conviction in the case before the allotted time elapsed.
“He was not able to be proven guilty, so he was innocent,” Hecht’s wife, Elizabeth, said Wednesday.
In addition to his wife, Hecht is survived by his daughters Daphne Hecht Howat of Paris, Andrea Hecht of Brooklyn, N.Y., and Donatella Hecht of Westchester, N.Y.


American art dealer Robert Hecht, 86, center, is approached by reporters as he leaves a Rome court for a break Friday Jan. 13, 2006

Fine del processo contro Marion True

Nessuna condanna per l’ex curatore del Paul Getty Museum: dopo cinque anni scadono i termini di prescrizione



Dopo cinque anni si conclude per decorrenza dei termini il processo a carico di Marion True, curatrice delle antichità del Paul Getty Museum di Los Angeles dal 1987 al 2005, accusata di associazione per delinquere, ricettazione e traffico illecito di beni archeologici. Il processo italiano contro la True, incentrato principalmente sull’acquisizione illegale di circa 35 manufatti acquisiti dal museo di Los Angeles tra il 1986 e la fine degli anni ‘90, era iniziato nel 2005; negli anni successivi il procedimento era stato portato avanti con molta lentezza finchè lo scorso 13 ottobre il giudice Gustavo Barbalinardo ha dovuto chiuderlo definitivamente per intervenuta scadenza dei termini di legge. Dalla sua residenza francese, la True avrebbe dichiarato di essere felice per la fine del processo, dicendosi «sollevata che sia passato il tornado che le ha distrutto la vita».



Il processo prosegue, invece, per il commerciante svizzero Robert Hecht, incriminato insieme alla True, a Giacomo Medici e ad altri trafficanti, ma la scadenza dei termini, luglio 2011, è ormai vicina anche per  questo processo.



Sia la True che Hecht hanno sempre negato ogni imputazione, ma il Pubblico Ministero Paolo Giorgio Ferri e i periti della Soprintendenza per i Beni Archeologici per l'Etruria meridionale, Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini, che hanno collaborato con il PM insieme al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, sono riusciti a ricostruire con estrema precisione e accuratezza, in tanti anni di indagini e di meticolose perizie, la provenienza illecita di tantissimi reperti archeologici acquistati dal Getty Museum.



Nonostante la mancata condanna della True, il bilancio di questi anni di lavoro del PM Ferri e del suo team è altamente positivo: innanzitutto la True è stata il primo curatore di museo americano ad essere stata sottoposta a procedimento penale all'estero per un’accusa di commercio illecito di antichità, e questo è già un risultato senza precedenti. Dalle testimonianze ascoltate durante il processo è emerso con chiarezza che Marion True era consapevole di acquistare le antichità attraverso canali non regolari. La sua incriminazione ha obbligato il mondo museale americano ad una profonda autocritica e a rivedere le proprie regole di acquisizione di nuove collezioni. Ora è sicuramente molto più difficile che un museo statunitense possa esporre una qualunque opera d’arte o un reperto archeologico senza essere in grado di dimostrarne la provenienza legale. Lo Stato italiano, da parte sua, ha incentivato la restituzione di reperti in cambio di prestiti a più lungo termine di quanto non si sia fatto finora. Ciò permetterà, quindi, ai musei americani di poter arricchire le proprie esposizioni in maniera lecita, sotto forma di prestito temporaneo.



Il secondo risultato importante è stato il colpo inferto alle organizzazioni criminali, tombaroli e trafficanti d’arte che in tanti decenni hanno imperversato nel nostro Paese saccheggiandone in modo illimitato l’inestimabile patrimonio archeologico. La difficoltà di poter avere, i grandi musei stranieri come principali committenti, come invece accadeva fino a poco tempo fa, produrrà sicuramente un contenimento dei traffici illeciti, sebbene restino ancora aperti altri canali, come quelli del collezionismo privato.



L’obiettivo principale del PM Ferri e del suo team, in ogni caso, è stato soprattutto quello di ottenere la restituzione dei reperti archeologici trafugati all’Italia. Già durante la gestione della True, prima dell’inizio del processo a suo carico, furono restituiti circa 3500 oggetti provenienti dal sito di Francavilla Marittima e la famosa kylix greca di Onesimos ed Euphronios. Successivamente, durante i cinque anni del processo, sono stati restituiti più di cento reperti in possesso non solo del Getty Museum ma anche di altri musei statunitensi, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York e il Boston Museum of Fine Arts. Tra tutti si ricorda il celebre cratere di Euphronios, vaso attico a figure rosse datato intorno al 510 a.C., ora esposto nel Museo Etrusco di Villa Giulia, il vaso di Asteas, un cratere a calice a figure rosse del 340 a.C. proveniente da scavi clandestini in Campania, gli acroliti di Demetra e Kore, risalenti al V secolo a.C. e provenienti da scavi clandestini a Morgantina, ora esposti nel Museo Archeologico di Aidone, mentre si attende nel 2011 la restituzione della Venere di Morgantina.



E’ ancora battaglia, invece, per l’atleta di Lisippo, tuttora reclamato dall’Italia, nonostante l’attuale responsabile della collezione Getty, Stephen Clark, abbia prodotto documenti sulla presunta buona fede del museo nell’acquisizione della statua bronzea. Circa un anno fa il gip Lorena Mussoni ha comunque deciso per la confisca, cui è seguito il ricorso in Cassazione della Fondazione Getty che, tuttavia, non sarà sospensivo della rogatoria né dell’azione civilistica, in quanto la confisca è una misura di sicurezza immediatamente esecutiva. Si spera, ora, in trattative diplomatiche tra Italia e USA che consentano il ritorno della statua in Italia ma, intanto, la Regione Marche, da cui proviene il prezioso reperto, è intenzionata a dare battaglia per ottenerne al più presto la restituzione.



Come ha scritto recentemente Fabio Isman su “Il Giornale dell’Arte”, non si può ignorare che la “brutta abitudine” di acquistare oggetti antichi di dubbia provenienza non appartiene soltanto ai musei d’oltreoceano ma anche ad importanti musei europei. Il caso più recente è proprio quello del Museo Archeologico Nazionale di Madrid che nel 1999 ha comprato una collezione privata in cui i già citati archeologi Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini hanno riconosciuto ben ventidue oggetti provenienti da scavi clandestini in Italia. Mi unisco a Isman nella speranza che lo Stato Italiano chieda al più presto la restituzione anche di questi reperti e che, con altrettanta urgenza, si favorisca la collaborazione internazionale, tenendo conto di passi importanti già fatti, come la Convenzione Unidroit (Convention on Stolen or Illegally Exported Cultural Objects), ratificata a Roma il 24 giugno 1995: essa è una soluzione di compromesso tra i vari sistemi giuridici del mondo intero ed è il risultato di dieci anni di lavori, cui hanno partecipato due organizzazioni internazionali, l’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato (Unidroit) e l’UNESCO, oltre a numerosi esperti. Purtroppo, soltanto undici stati hanno ratificato la Convenzione Unidroit, mentre dodici si sono limitati alla semplice adesione. La Convenzione è stata ratificata dall'Italia con legge 7 giugno 1999, n. 213, ed è entrata in vigore il 1 aprile 2000. E’ ora assolutamente necessario impegnarsi per rafforzare ed estendere il più possibile la Convenzione Unidroit in altri Paesi, avviando trattative internazionali e pretendendo un impegno concreto per combattere la piaga del traffico illecito di beni culturali. E’ importante non abbassare la guardia perché se oggi la Svizzera sta perdendo il suo ruolo di snodo internazionale del traffico di reperti archeologici, grazie anche all’adozione di proprie leggi, molto più severe rispetto al passato, nel contempo si sono già consolidati altri percorsi di transito dei trafficanti e delle merci, diretti soprattutto verso l’estremo Oriente. A livello mondiale, infatti, il traffico di beni culturali saccheggiati continua ad essere tuttora il più cospicuo subito dopo il traffico di droga e di armi.



Caterina Pisu (ArcheoNews novembre 2010)

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