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Misurare il successo dei social media



di Jim Richardson 

Tratto dal sito MuseumNext


Mentre è facile farsi entusiasmare dal numero di seguaci che il tuo museo attira su Twitter o Facebook, è importante essere obiettivi sul perché stai utilizzando i social media.
Bisogna puntare di più sulla qualità che sulla quantità – l’interazione regolare tra un certo numero di fan su Facebook è più efficace rispetto ad avere un elevato numero di seguaci che lasciano un messaggio sulla bacheca e non si fanno più vivi. Starbucks e Coca Cola sono i principali esempi di gruppi di Facebook su larga scala con bassi livelli di coinvolgimento.
All’inizio di qualsiasi progetto di social media, dovresti pensare a quelli che sono i tuoi obiettivi; sono questi obiettivi che contano, piuttosto che la popolarità della tua organizzazione, quando si tratta di misurare il tuo successo online.
Ci sono misure facili e difficili per dimostrare il successo. Le misure difficili comprendono gli indicatori web standard come:
• Visite e reindirizzamenti
• Volume di ricerca
• Analisi delle statistiche utilizzate per migliorare le procedure rendendole più efficaci
• Numeri di seguaci, fans, amici
Queste misure difficili rendono molto più facile la quantificazione del ritorno degli investimenti nei social media rispetto ai media tradizionali; è ad esempio virtualmente impossibile misurare con precisione quante persone agiscono su un annuncio di giornale.
Possiamo sfruttare l’influenza che i social media hanno sul pubblico, cercando di misurare, ad esempio, quante persone che interagiscono con te on-line visitano anche il museo fisicamente; si tratta di una cosa difficile, ma non impossibile.
Nel 2009 il TATE ha offerto ai suoi fan di Facebook, sulla sua bacheca, un buono sconto per una mostra dell’artista britannico Chris Odofi. Questo buono è stato sfruttato da oltre 10.000 persone, mostrando un legame diretto tra coloro che interagiscono con la galleria su Facebook e coloro che pagano per partecipare a un’esibizione.
Oltre a utilizzare strumenti quali buoni per misurare l’efficacia dei social media, dovresti anche includere delle domande rilevanti nel tuo sondaggio annuale proposto ai visitatori, scoprendo se il tuo pubblico è attivo su siti come Facebook e Twitter e chiedendogli se sa che il tuo museo è presente su questi siti.
Verifica anche la qualità delle tue interazioni, per esempio se fai al pubblico una domanda su Facebook, quante persone rispondono e cosa stanno scrivendo?  Facebook’s Insight analytics ti fornisce gli strumenti per misurare quanto impegno c’è sui tuoi contenuti sul social network.
Potresti anche guardare oltre ciò che le persone ti dicono direttamente, monitorando qualsiasi riferimento al tuo museo che viene fatto sulle piattaforme di social media, registrando sia le risposte positive che quelle negative.
Perché misurare?
Mentre i social media possono sembrare una risorsa a basso costo, ci può volere molto tempo per riuscire a gestire queste piattaforme e potrebbe essere necessario dover giustificare questa attività, soprattutto se hai un team di gestori scettico sulla sua utilità.
Misurare la risposta al tuo museo e all’attività dei social media è importante anche per registrare i progressi ed il successo e per imparare da ciò che si sta facendo; non sarai mai veramente in grado di sapere se quello che stai facendo ha qualche effetto se non lo misuri.
Ritengo inoltre che i musei possono avere un enorme successo con i social media, e questo dovrebbe essere misurato per giustificare il tempo di gestione di tali siti web.
Come si misura il successo dei social media?

Il pubblico è morto, parliamo invece di partecipanti

di Jim Richardson


Il pubblico è fondamentale per gran parte di ciò che un museo fa, ed i sondaggi sui visitatori e la segmentazione del pubblico, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno migliorato la nostra comprensione delle persone che varcano le nostre porte di ingresso. Se definiamo pubblico i destinatari di una prestazione o un servizio, allora ‘pubblico’ non sembra il modo migliore per descrivere il consumatore moderno di un museo. Queste sono persone che vivono una vita sempre più digitale, in cui non sono spettatori, ma partecipanti attivi, positivamente impegnati attraverso programmi e progetti di sensibilizzazione. Anche se è improbabile che l’uso della parola ‘pubblico’ cambierà, penso che sia utile per noi pensare delle persone che scelgono di interagire con i musei in modo digitale o facendo una visita come ‘partecipanti’. Sia che stiate progettando una nuova mostra, sito web o piano di marketing, pensare a come interagire con i ‘partecipanti’ del museo piuttosto che con il ‘pubblico’ vi darà una mentalità diversa.

Marketing per i partecipanti

Nel febbraio del 2011, un gruppo di musei e gallerie nello Yorkshire, in Inghilterra, ha lanciato una campagna di marketing per promuovere le collezioni d’arte esposte in 35 sedi in tutta la loro contea. La campagna ha scelto di non puntare su quanto sia grande l’arte in questi musei e gallerie, ma ha invece chiesto al pubblico di partecipare alla campagna, condividendo le loro storie sui dipinti preferiti. La campagna Yorkshire’s Favourite Painting ha offerto un premio unico, l’opportunità di vincere una copia del dipinto preferito, e in sei settimane oltre 400 persone hanno avuto l’opportunità di partecipare al concorso. Le storie sul perché la gente amava questi dipinti sono state diverse, da un commovente racconto di una madre che aveva perso suo figlio nel conflitto in Afghanistan e un dipinto di Lowry gli faceva venire alla mente il figlio, ad un bambino di sei anni a cui ‘piacevano le belle ragazze ‘in un dipinto di sirene e una signora che voleva vincere una copia di un’opera di suo padre, un famoso artista. Mentre 400 persone hanno scritto racconti, molti altri hanno partecipato in altri modi, condividendo le storie attraverso i social media, lasciando commenti e votando per le storie. Il sito web ha attratto decine di migliaia di visitatori, ma la campagna ha avuto una risonanza ulteriore, con i partecipanti online che sono diventati i visitatori del mondo reale.

Siti web per i partecipanti

Mentre i musei stanno creando opportunità per il pubblico per partecipare online attraverso il loro uso di Facebook e Twitter, la maggior parte di loro non ha integrato questo tipo di interazione nei loro siti web. Il Teylers Museum, il più importante ed antico museo olandese è uno di questi. Il suo sito web offre al pubblico tutte le informazioni pre-visita di cui potrebbero avere bisogno, ma non sembra dare al pubblico la possibilità di partecipare in modo significativo. Tuttavia, il Museo Teylers ha un altro sito, costruito con lo strumento di social network NING , che rompe i confini e da al museo una nuova vita, al contrario del suo sito principale. Il sito invita chiunque a partecipare, iscrivendosi a questo mini social network di curatori, soci e amici del museo. Herman Voogd del Museo Teylers spiega ‘Abbiamo iniziato ad utilizzare NING per dare a tutti i fans del museo Teylers ed al nostro personale l’opportunità di lasciare foto e messaggi sul museo. ‘Ci piace l’idea di avere un sito web tradizionale ed un’altro che è più aperto. Un blog, un foto-album in cui ogni membro del personale ha più libertà. Sul nostro sito NING non importa se una foto non è limpida o se il filmato è amatoriale. ‘La regola è di non spendere un sacco di tempo ma condividere un sacco di conoscenza sul museo e sulle collezioni’. L’utilizzo di NING come piattaforma dà al pubblico l’opportunità di partecipare non solo commentando il contenuto aggiunto al sito web del museo, ma anche avviando delle conversazioni e condividendo il suo punto di vista sul museo. In definitiva, credo che tutti i siti web dei musei debbano dare al pubblico la possibilità di partecipare in questo modo. Questo approccio richiede più tempo e fatica di un sito tradizionale, e molti possono preoccuparsi delle risorse che una tale comunità online richiederebbe. Ma se un museo non ha il tempo di partecipare a conversazioni con il suo pubblico (anche online) allora penso che deve ristabilire le sue priorità.

Mostre per i partecipanti

Un altro modo per coinvolgere il nostro pubblico in maniera partecipativa è attraverso la co-creazione di una mostra. Penso che questa sia una straordinaria opportunità che alcuni musei stanno appena iniziando ad esplorare. Questo tipo di co-creazione può assumere molte forme; potrebbe essere una mostra storiografica plasmata dai contributi di persone che hanno vissuto l’evento; una mostra d’arte pubblica creata con i visitatori oppure chiedendo ai visitatori di scrivere nuove etichette per i dipinti. Un esempio recente viene dal CCCB di Barcellona , dove una mostra di fotografia del 20° secolo del fotografo spagnolo Josep Brangulí è stata affiancata da un vero progetto del 21° secolo. Dei Fotografi contemporanei sono stati invitati a rispondere ai temi della mostra (ed al lavoro di Josep Brangulí) attraverso un bando che ha attirato la fiorente comunità Flickr di Barcellona che ha fornito oltre 2.000 contributi in un mese. Un’immagine che riflette i diversi temi della mostra sarà esposta insieme all’opera di Josep Brangulí, mentre tutte le altre immagini inviate verranno visualizzate in una proiezione. In questo caso i social media non vengono utilizzati per sfruttare una tendenza, ma per fornire uno spettacolo migliore attraverso la partecipazione pubblica, e facendo questo CCCB fa in modo che gli individui che vogliono essere coinvolti pensino profondamente ai temi della mostra e al mondo che cambia, per come viene percepito sia nelle immagini di Brangulí che in quelle contemporanee. Questo tipo di partecipazione riconosce che il pubblico ha una voce valida all’interno del museo, e che questi individui hanno un contributo da dare.

In conclusione

Quello che queste forme di partecipazione hanno in comune è che riconoscono che il pubblico ha una voce valida all’interno del museo, e che questi individui hanno qualcosa con cui contribuire, rendendo spesso le mostre migliori di come potrebbero essere senza la partecipazione del pubblico. E’ forse ingenuo pensare che le migliori competenze esistano sempre e solo all’interno di un museo. Il nostro pubblico non è composto da spettatori passivi. Essi si aspettano sempre di più che i musei offrano loro esperienze di partecipazione e questa dovrebbe essere riflessa dal modo in cui il museo moderno si avvicina a loro. Non considerare le persone che entrano all’interno del museo o interagiscono con te on-line come un semplice pubblico; pensa a ciò che puoi può fare per i tuoi partecipanti.
 Tratto da MuseumNext

Una lettera aperta al direttore del Museo che non punta al sociale

di Jim Richardson

tratto dal blog di MuseumNext  il sito dedicato alla grande conferenza europea sui social e digital media nel settore dei musei (Barcelona on May 23 - 25 2012).

‘Io non sono su Facebook e non credo che dovremmo sprecare tempo e denaro per questo genere di cose’, questo era il messaggio di un direttore di museo al termine di una mia presentazione su come le loro istituzioni dovrebbero usare i social media.
Avevo già sentito prima questo genere di commenti, e spesso ricevo email da persone che lavorano in musei con direttori o manager che hanno una simile mentalità, qualcuno cioè che non capisce il potere dei social media.
Per tutti coloro che lavorano nei musei che pensano che i social media non sono importanti per il nostro settore, ecco u elenco dei motivi per cui si sbagliano.
1. Solo perché non sei su Facebook non significa che i tuoi visitatori non ci siano, per esempio la ricerca mostra come nel Regno Unito il 79% delle persone sono attive sui siti web di social media. L’unico modo per sapere se Facebook, Twitter, YouTube o anche il tuo sito web sono importanti per il tuo pubblico è quello di chiederglielo.
2. Se si perde un po di tempo a guardare questi siti, si scopre che la gente sta parlando proprio del tuo museo. Ignorando questi spazi di social media, ignori i pareri del pubblico locale, la possibilità di reagire e migliorare in base ai loro pensieri.
3. I Social Media possono essere un ottimo strumento di marketing. Sappiamo che il TATE fa una ampia pubblicità, e Facebook è la seconda più grande fonte di traffico per il loro sito web. E’ anche più economico di una campagna pubblicitaria nella metropolitana di Londra.
4. Il Social Media non dovrebbero essere solo visti come uno strumento di marketing. Questi siti e servizi web hanno il potenziale per aiutare i musei in diversi modi, compresa la ricerca, raccolta fondi, co-creazione di contenuti ed educazione.
5. I siti di Social media come Facebook e Twitter creano delle comunità intorno a marchi, interessi e luoghi. Questa può essere una piattaforma molto potente attraverso la quale il museo coinvolge la sua comunità.
6. Molti professionisti museali usano Twitter; questa piattaforma di social media offre l’opportunità di connettersi con gli altri professionisti del settore, dando la possibilità, inoltre, di scoprire ciò che le altre istituzioni stanno facendo.
7. I social media offrono anche alla più piccola istituzione l’opportunità di lavorare con altri operatori del settore per aumentare la visibilità dei musei e promuovere ciò che offriamo. Cerca # temidicultura per scoprire che cosa la comunità dei musei sta facendo sui social media questo mese.
8. I social media consentono di portare il pubblico dietro le quinte, collegando i membri del pubblico con gli appassionati esperti che lavorano nel vostro istituto. Nel settembre 2011 un evento chiamato “Chiedi a un Curatore” ha generato oltre 10.000 messaggi su Twitter, la maggioranza di coloro che hanno posto delle domande ha detto che intendevano visitare le istituzioni che avevano avuto il tempo di rispondere alle loro domande.
9. innumerevoli musei e gallerie d’arte stanno facendo uso di questi siti web di grande effetto; chiedi ai tuoi colleghi come i social media stanno cambiando il modo in cui lavorano oppure osserva il modo in cui stanno usando Twitter, Facebook, YouTube e Flickr.
10. Basta provare i social media, non ci vuole molto per farlo, e molto probabilmente troverai che la vibrante comunità di nicchia presente su questi siti ti sarà di ispirazione.

Il caso dell’Art Institute of Chicago: fuori tutti i volontari bianchi dal museo

Fonte dell'immagine: The Federalist Negli Stati Uniti, presso l’Art Institute of Chicago (AIC) si è aperto un caso che potrebbe essere d...