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IL PRINCIPE E IL MUSEO


Il progetto del Museo di Totò nel Rione Sanità di Napoli: un esempio di museo al servizio della gente del quartiere.

di Caterina Pisu 


E’ nuovamente slittata l’apertura del Museo di Totò, il museo che i napoletani aspettano da ben 15 anni e la cui ultima promessa di inaugurazione risale allo scorso dicembre. Il museo dovrebbe sorgere in uno dei quartieri più tipici di Napoli dove nacque lo stesso Totò: il Rione Sanità, una luogo ricchissimo di storia dove sono ubicate le antiche necropoli di Neapolis e le Catacombe di San Gennaro, di San Severo e di San Gaudioso. La sede del museo sarà il Palazzo dello Spagnolo, splendido esempio di barocco napoletano, concesso dalla Regione Campania e già sistemato grazie ai Fondi Europei destinati al progetto Urban. In questa dimora il museo disporrà di una superficie di ben quattromila metri quadrati, distribuiti su tre livelli. L’importanza di questo progetto non si limita alla creazione di un museo tradizionale o alla celebrazione di un personaggio famoso, ma avrà anche una rilevante utilità sociale che si collega alla nota filantropia del grande attore. Il museo nasce soprattutto per dare una speranza ai giovani e per allontanarli dai pericoli della strada, coinvolgendoli in attività e in laboratori. Si tratta di un modello museale che - sebbene nel caso specifico provenga, probabilmente, soprattutto da un’esigenza endemica - trova il suo antecedente e il suo presupposto teorico nei cosiddetti “musei di quartiere” (neighborhood museums) o “musei intermediari”, la cui missione è offrire un servizio alla popolazione che vive nella zona in cui essi hanno sede. Il primo esempio nasce negli Stati Uniti nel 1967, l’Anacostia Neighborhood Museum, a Washington, un museo di storia e cultura afro-americana, estensione della Smithsonian Institution. La filosofia di base di questi musei è la mediazione tra il messaggio di cui è portatore il museo e la comunità. Il museo, conformemente al pensiero fondante, si fa portavoce della gente del quartiere, se ne assume problematiche e aspettative future, si identifica con la stessa collettività. La storia dei neri americani, raccontata nel museo, diventa un’opportunità per proiettare nel futuro la società locale. Si tratta di un tipo di relazione museo/pubblico (ma l’espressione “pubblico” diventa inadeguata in questa situazione) che ovviamente assume forme e gradi diversi a seconda del tipo di museo, in quanto non interesserà solamente i musei etnografici, antropologici o storici. In linea di principio è sempre possibile creare un sistema di relazioni dirette con la comunità nel contesto in cui opera qualunque museo; anzi, ciò é auspicabile al fine di superare definitivamente il modello di “museo-tempio” che è destinato a dissolversi. Il Museo di Totò sarà innanzitutto il museo del Rione Sanità, i cui residenti potranno avere accesso libero e gratuito, ma non sarà oneroso neppure per gli altri visitatori che giungeranno da altre regioni italiane e, indubitabilmente, anche da tutto il mondo, data la notorietà del personaggio: due euro che serviranno per garantire un minimo di introiti destinati al suo funzionamento. Sarà il primo autentico esempio di “museo di quartiere” italiano e quindi un modello anche per altri progetti che seguiranno, ma bisogna fare presto perché i lavori di ristrutturazione già eseguiti ormai rischiano di subire i danni del tempo. Ci uniamo, allora, ai continui appelli che i napoletani rivolgono alle Autorità competenti (l’ultimo incontro tra alcuni assessori della giunta De Magistris e i rappresentanti del rione Sanità si è svolto lo scorso 24 febbraio), confidando che finalmente - “oh, perbacco!” - come avrebbe detto il Principe, il Museo di Totò possa essere aperto e che non sia ulteriormente prolungata quest’attesa ormai ultradecennale. 

(ArcheoNews, aprile 2012)

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