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Quando il museo chiude per restauri: i tanti vantaggi del buon uso dei social media


Foto tratta da http://seamsandstitches.files.wordpress.com


Quando si dice che i social media possono essere molto utili alla comunicazione museale, si pensa, solitamente, a situazioni di routine. Ma è proprio nei momenti non usuali che i nuovi mezzi di comunicazione possono essere un’ancora di salvezza. Ecco che cosa è successo al Museo di Storia Naturale di Oxford quando lo scorso anno è stato chiuso per restauri.
Poco prima della chiusura, lo staff ha cominciato a preoccuparsi che la gente si dimenticasse dell'esistenza del museo. I social media sono sembrati l’unica soluzione per “restare vivi”. Si poteva continuare a mantenere il contatto con la gente e contemporaneamente mostrare il lato più giocoso del museo? Valeva la pena tentare.
Per prima cosa è stato creato un apposito blog per il periodo di chiusura, Darkened not Dormant, che dimostrava che stavano accadendo tante cose anche se il museo era chiuso: per esempio rivelando il mistero dei graffiti in stile vittoriano ritrovati durante i lavori di restauro del tetto; oppure seguendo i programmi outreach dello staff educativo.
Dopo il blog, il secondo obiettivo è stato Twitter: è stato scelto l’account @morethanadodo che ha riscosso subito successo assicurando un buon numero di followers. Quando, il 15 febbraio, è stato riaperto il museo dopo 14 mesi di restauri, si è avuto un incremento di followers su Twitter ed è stato lanciato anche un account Instagram. Il blog è stato archiviato ed è iniziato il lavoro per il nuovo blog, More than a Dodo, che non servirà soltanto per promuovere programmi ed eventi, ma soprattutto per raccontare nuove storie e per spiegare come funziona il museo.

Che cosa sarebbe successo senza l’aiuto dei social media? Sicuramente il museo avrebbe dovuto interrompere o ridurre notevolmente il suo dialogo con la comunità e, una volta riaperto, ci sarebbe voluto del tempo per tornare alla condizione precedente la chiusura. Il periodo occorso per i restauri, invece, non solo non ha inibito la comunicazione del museo, ma l’ha addirittura incrementata, procurando molti altri  followers su Twitter.
Ci sono abbastanza spunti per riflettere e per convincere i responsabili di musei ancora reticenti ad aprirsi finalmente ai nuovi mezzi di comunicazione facendone un uso intelligente e vantaggioso.

Il caso studio è tratto da un articolo di Rachel Parle, interpretation and education officer presso l’Oxford University’s Museum of Natural History, Museum Practice, 15.04.2014

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