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La nuova pagina Facebook del blog Museums Newspaper

Da oggi Museums Newspaper avrà anche una sua pagina Facebook che avrà lo scopo non solo di rilanciare i post sui social ma anche di ampliare i contenuti con notizie selezionate da tutto il mondo.
Spero che l'iniziativa sia gradita!

https://www.facebook.com/museumsnewspaper?fref=nf&pnref=story

Raccontare il museo che nasce

Quando la comunicazione 2.0 aiuta il dialogo tra musei e comunità: il Museo San Paolo di Monselice


Nel mio post del 4 maggio scorso, "Quando il museo chiude per restauri: i tanti vantaggi del buon uso dei social media" avevo descritto il caso del Museo di Storia Naturale di Oxford i cui responsabili, in concomitanza con il periodo di chiusura per restauri, si erano ingegnati per non interrompere il dialogo con la propria comunità e con i visitatori, realizzando un apposito blog e mantenendosi attivi sui social media. 
Un altro caso studio, questa volta tutto italiano, è quello del Museo San Paolo della città di Monselice, in provincia di Padova. Per raccontare giorno per giorno i lavori di allestimento dell'area degli scavi dell'ex chiesa di San Paolo e del Museo della città, è stato creato un blog. Non solo, è stato messa a disposizione di chiunque desideri rivolgere delle domande allo staff, un indirizzo di posta elettronica. Al blog è associata, inoltre, l'attività su Facebook, su Pinterest e su You Tube
Attraverso i social media, lo staff potrà raccontare e spiegare le scelte museologiche ed espositive che saranno fatte e la comunità potrà partecipare attivamente. Un museo che si può definire realmente "of the city, by the city, for the city" (David Fleming).

Volontari e social media

I consigli di Mar Dixon anche per i piccoli musei




In un articolo del 16 settembre 2013 di Museum Practice, Mar Dixon, social media manager di Kids in Museums, ci spiega come i volontari possono essere una risorsa importante per una organizzazione no profit. 
In Kids in Museums (associazione che cerca di dare voce alle famiglie che visitano musei e gallerie della Gran Bretagna) i volontari operano in ogni settore. Mar Dixon ha iniziato a collaborare come social media manager circa tre anni fa. Quando ha iniziato, il principale account era Twitter, che allora contava circa 3.000 followers (ora ne ha 17.400). Il primo obiettivo che Dixon si è prefisso è stato quello di fare in modo che Kids in Museum diventasse più reattivo e aperto. Per costruire una strategia di social media che funzionasse e che si fondasse sulla collaborazione di volontari era necessario innanzitutto consolidare sia la fiducia nei confronti dei volontari che quella nei confronti dei followers. Dopo che gli altri canali (Facebook e Linkedin) furono attivati, Dixon cercò altri volontari affinché a loro volta promuovessero Kids in Museums attraverso quei social networks.
Il concetto era semplice: più voci che sostenevano i loro canali e più i followers avrebbero saputo che Kids in Museums era lì pronto a interagire con loro. Ma utilizzare dei volontari può comportare dei rischi per l'organizzazione?
Secondo Dixon la risposta è semplice: non sarebbero stati invitati a far parte di Kids in Museums se ci fossero state preoccupazioni al riguardo. "I volontari sono collaboratori favolosi ed essi stessi hanno un grande rispetto per il loro ruolo. Possono accadere errori? Si possono commettere degli sbagli? Naturalmente. Tutti noi siamo caduti vittime del senso dell'umorismo scatenato dalle “correzioni automatiche”. Ma invece di eliminarli, questi errori si tengono intenzionalmente. Almeno ciò dimostra che Kids in Museums è gestito da esseri umani e che i followers hanno a cuore la loro presenza online nonostante qualche piccola svista. Se un nuovo volontario commette un errore, gli viene fatto capire che è tutto ok e che non è solo. Viene messo al corrente degli sbagli più divertenti che sono stati commessi da altri in modo che superi il senso di inadeguatezza o il timore. Dixon ricorda quella volta che sbagliò l'indicazione del giorno, martedì al posto di venerdì, o quella volta che gli capitò di menzionare per errore un museo al posto di un altro. Dopo quelli errori il mondo non è finito e questo ha dato modo ai followers di uscire allo scoperto e di farsi sentire per correggerlo in modo ironico. La parte difficile, invece, è infondere fiducia nei volontari affinché capiscano che la loro voce merita di essere ascoltata. I corsi di formazione sono utili, ma non sono sempre i volontari hanno la possibilità di partecipare.
In certi casi si cerca di comunicare a distanza con loro per aiutare a costruire la fiducia in loro stessi e affinché comprendano che quell'account Twitter o Facebook appartiene anche a loro. E' importante che i volontari abbiano una certa autonomia perché Kids in Museums deve seguire molti differenti progetti, workshop ed eventi, e quindi non può seguire anche una pianificazione per quanto riguarda i tweets. 
Dixon è anche convinto che i social media debbano essere innanzitutto sociali prima che strumenti di promozione. Quando diversi progetti sono in lavorazione simultaneamente si cerca di coordinare e di equilibrare il volume delle condivisioni online. Per questo è stata studiata una strategia molto semplice da seguire che include i seguenti punti:

- Utilizzare sempre le proprie iniziali. Questo aiuta i followers a capire chi dei due o più utilizzatori principali sta usando l'account.  

- Verificare prima i tempi prima di condivisione per assicurarsi che non sia già in atto un'altra conversazione. Inserire un aggiornamento su uno workshop e subito dopo su un evento diverso confonde i followers.

- E’ giusto che i responsabili dei progetti di Kids in Museums desiderino promuovere il loro lavoro e farlo conoscere ai followers, ma dobbiamo anche ricordare che  i social media non devono essere utilizzati solo come strumento di pubblicità ispirato al marketing. 

  • Incoraggiare i followers a partecipare attivamente.

  • Ascoltare i volontari e fare in modo che le loro esigenze sia no ascoltate. Ad esempio, alcuni volontari preferiscono usare Facebook più di Twitter, allora si è fatto in modo che gli account Facebook e Twitter siano collegati in modo che tutto ciò che viene condiviso su Facebook sia postato automaticamente anche in Twitter


Altre linee guida fondamentali della strategia di Kids in Museum sui social media sono:  


  • Niente parolacce.
  • Controllare sempre i collegamenti prima della condivisione.
  • Non avviare una conversazione e lasciarla a metà.


La maggior parte di queste indicazioni è dettata dal comune buon senso e sembra quasi ovvia, ma all'atto pratico, in giro sui social media è più difficile vederle attuate di quanto si pensi. Affidare il proprio social media ai volontari dovrebbe essere, in ogni caso, una meravigliosa esperienza. In due anni Kids in Museums è riuscito a costruire la propria rete sui social media con Twitter che ha visto un aumento di oltre il 366% e Linkedin e Facebook ugualmente cresciuti in maniera esponenziale. E tutto questo grazie ai volontari. Penso, allora, ai piccoli musei, per esempio, che spesso lamentano che la mancanza di personale impedisce loro di essere sui social media. Ecco, questa può essere una soluzione. I consigli di Mar Dixon valgono quanto per le organizzazioni no profit quanto per quelle strutture museali che non hanno le risorse finanziarie per avere del personale destinato esclusivamente alla comunicazione sul web. In questo caso i volontari possono svolgere un ruolo importantissimo per dare visibilità e voce a quei musei.


Aggiornamento sul progetto di ricerca "Musei e social networks"

di Caterina Pisu




A meno di un mese dall'inizio del progetto di ricerca "Musei e social networks", promosso dall'Associazione Nazionale Piccoli Musei (Vedi http://museumsnewspaper.blogspot.it/2012/07/di-caterina-pisu-cari-amici-e-colleghi.html, su questo blog), ci sono già pervenuti i primi 50 questionari da parte dei musei contattati. E' iniziata anche l'elaborazione dei dati e, nel contempo, si proseguirà con l'invio dei questionari da compilare ai musei di ogni categoria, stato giuridico e dimensione. 
Ricordo che l'obiettivo della ricerca è avere un quadro il più possibile preciso della presenza dei musei nei social networks, cercando di evidenziare anche le caratteristiche dei musei che sentono l'esigenza di comunicare con il proprio pubblico attraverso i nuovi strumenti del web 2.0. 
I musei che desiderano partecipare al progetto di ricerca possono reperire il questionario in questo sito: http://www.scribd.com/doc/99580974/Questionario-musei.
Il questionario, compilato in tutte le sue parti, potrà essere inviato all'indirizzo di posta elettronica caterinapisu@alice.it.

Misurare il successo dei social media



di Jim Richardson 

Tratto dal sito MuseumNext


Mentre è facile farsi entusiasmare dal numero di seguaci che il tuo museo attira su Twitter o Facebook, è importante essere obiettivi sul perché stai utilizzando i social media.
Bisogna puntare di più sulla qualità che sulla quantità – l’interazione regolare tra un certo numero di fan su Facebook è più efficace rispetto ad avere un elevato numero di seguaci che lasciano un messaggio sulla bacheca e non si fanno più vivi. Starbucks e Coca Cola sono i principali esempi di gruppi di Facebook su larga scala con bassi livelli di coinvolgimento.
All’inizio di qualsiasi progetto di social media, dovresti pensare a quelli che sono i tuoi obiettivi; sono questi obiettivi che contano, piuttosto che la popolarità della tua organizzazione, quando si tratta di misurare il tuo successo online.
Ci sono misure facili e difficili per dimostrare il successo. Le misure difficili comprendono gli indicatori web standard come:
• Visite e reindirizzamenti
• Volume di ricerca
• Analisi delle statistiche utilizzate per migliorare le procedure rendendole più efficaci
• Numeri di seguaci, fans, amici
Queste misure difficili rendono molto più facile la quantificazione del ritorno degli investimenti nei social media rispetto ai media tradizionali; è ad esempio virtualmente impossibile misurare con precisione quante persone agiscono su un annuncio di giornale.
Possiamo sfruttare l’influenza che i social media hanno sul pubblico, cercando di misurare, ad esempio, quante persone che interagiscono con te on-line visitano anche il museo fisicamente; si tratta di una cosa difficile, ma non impossibile.
Nel 2009 il TATE ha offerto ai suoi fan di Facebook, sulla sua bacheca, un buono sconto per una mostra dell’artista britannico Chris Odofi. Questo buono è stato sfruttato da oltre 10.000 persone, mostrando un legame diretto tra coloro che interagiscono con la galleria su Facebook e coloro che pagano per partecipare a un’esibizione.
Oltre a utilizzare strumenti quali buoni per misurare l’efficacia dei social media, dovresti anche includere delle domande rilevanti nel tuo sondaggio annuale proposto ai visitatori, scoprendo se il tuo pubblico è attivo su siti come Facebook e Twitter e chiedendogli se sa che il tuo museo è presente su questi siti.
Verifica anche la qualità delle tue interazioni, per esempio se fai al pubblico una domanda su Facebook, quante persone rispondono e cosa stanno scrivendo?  Facebook’s Insight analytics ti fornisce gli strumenti per misurare quanto impegno c’è sui tuoi contenuti sul social network.
Potresti anche guardare oltre ciò che le persone ti dicono direttamente, monitorando qualsiasi riferimento al tuo museo che viene fatto sulle piattaforme di social media, registrando sia le risposte positive che quelle negative.
Perché misurare?
Mentre i social media possono sembrare una risorsa a basso costo, ci può volere molto tempo per riuscire a gestire queste piattaforme e potrebbe essere necessario dover giustificare questa attività, soprattutto se hai un team di gestori scettico sulla sua utilità.
Misurare la risposta al tuo museo e all’attività dei social media è importante anche per registrare i progressi ed il successo e per imparare da ciò che si sta facendo; non sarai mai veramente in grado di sapere se quello che stai facendo ha qualche effetto se non lo misuri.
Ritengo inoltre che i musei possono avere un enorme successo con i social media, e questo dovrebbe essere misurato per giustificare il tempo di gestione di tali siti web.
Come si misura il successo dei social media?

Campagna per la presenza dei musei italiani nei social networks.

di Caterina Pisu



Partendo da una ricerca statistica condotta da Jim Richardson (@ sumojim) su Google Docs, Sean Redmond (Litot-es) ha tratto un elenco di musei di tutto il mondo che utilizzano tre importanti social network, Facebook, Twitter e Klout. Ne risulta che tra i primi dodici musei più attivi in rete, ci sono i seguenti:

  1. MoMA The Museum of Modern Art 
  2. The Metropolitan Museum of Art, New York 
  3. Musée du Louvre 
  4. Tate 
  5. Solomon R. Guggenheim Museuem 
  6. Saatchi Gallery 
  7. Centre Pompidou 
  8. Moca Taipei 
  9. British Museum 
  10. MoMA PS1 
  11. Design Museum 
  12. Museo Nacional del Prado


Per i dati rimando a Litot-es. Notiamo che fra i primi 50 non ci sono musei italiani. Bisogna arrivare all'85° posto per trovare Musei in Comune di Roma. E' evidente, quindi, che i musei italiani non utilizzano ancora tutte le potenzialità offerte dai social network e che gli utenti che seguono e partecipano attivamente alla vita dei musei attraverso questi strumenti di comunicazione, sono pochi. E' necessario, allora, da una parte promuovere la presenza dei musei italiani sui social network e, dall'altra, coinvolgere più pubblico possibile, diversificato per età, grado di istruzione, sesso, interessi specifici. Si tratta di un impegno doveroso per essere al passo con i tempi e con il resto del mondo. L'uso dei social network sta cambiando modi e funzioni della comunicazione museale e sta creando nuovi stimoli di ricerca e di studio anche nel campo della museologia. E' importante, allora, dare inizio ad una vera e propria campagna di sensibilizzazione all'uso dei social network da parte dei musei. 
Tali considerazioni hanno spinto l'Associazione Nazionale Piccoli Musei (www.piccolimusei.com) a promuovere una ricerca a livello nazionale che si svolgerà attraverso queste fasi:

  • creazione di un questionario (http://www.scribd.com/doc/96031044/Questionario-musei)
  • invio del questionario ad un campione di musei italiani
  • analisi dei dati raccolti
  • pubblicazione in rete dei risultati
  • presentazione dei risultati durante il 3° Convegno Nazionale dei Piccoli Musei (Amalfi, 5-6 novembre 2012)

La ricerca ha lo scopo non solo di raccogliere dei dati sulla presenza dei musei italiani nei social network, ma anche quello di dare impulso alla presenza dei musei italiani in rete, in particolare dei piccoli musei o dei musei locali in genere.

I musei più cliccati su Facebook? Non italiani. Il preferito è il MoMa di New York

di Giuseppe Baselice

 

La classifica dei luoghi d'arte più apprezzati sul social network vede al primo posto il Museum of modern art di New York, davanti al Metropolitan e al Louvre. Primo italiano il MAXXI di Roma, solo 70esimo. semplice classifica da social networking o nuova frontiera per veicolare la cultura e l'arte sul web?

I musei più cliccati su Facebook? Non sono italiani. Il Bel Paese sarà anche, come spesso si ricorda, un "museo a cielo aperto", e custode di buona parte del patrimonio artistico e culturale a livello mondiale, ma questo non viene rilevato e apprezzato dal mondo del web, attraverso il social network più diffuso del pianeta.

Su Facebook infatti le centinaia di milioni di utenti giornalieri preferiscono di gran lunga il MoMa di New York, che raggiunge quasi i 900mila fans. A seguire, sempre nella Grande Mela, il Metropolitan Museum of Art, con 562mila sostenitori. Al terzo posto il Louvre (403mila), quinto il Tate di Londra (310mila) davanti al Museo dell'Acropoli di Atene (301mila). A chiudere la top ten c'è il Centre Pompidou (176mila), mentre il British Museum è quattordicesimo (145mila).

Per trovare i primi siti italiani bisogna arrivare alla 70esima posizione con il MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, a Roma, con quasi 30mila fans, seguito dal MACRO - Museo d'arte contemporanea, sempre nella Capitale, con 24mila all'86esimo posto appena davanti alla Triennale di Milano con 23.900.

Ma non è il solo caso strano: la stessa Tour Eiffel, che pure conta ogni anno 6,6 milioni di visitatori reali, ha soltanto 25mila fan. E' proprio un quotidiano francese, Le Figaro, ad analizzare la questione, spiegando: il Louvre ha una pagina attiva sin dal 2009, agli albori del boom facebookiano, e ad oggi almeno 240mila fans sono utilizzatori attivi. Come dire: potenzialmente, 240mila visitatori in più.

Un bel veicolo pubblicitario, insomma, soprattutto se si pensa che al primo posto degli utenti iscritti non ci sono i francesi bensì gli americani. "Non contano solo i numeri, ma la qualità e l'utilità del contatto". spiega Sebastien Magros, consulente culturale.

La ricetta è semplice: creare appuntamenti da veicolare sulla rete, come fa ad esempio il Beaubourg, animando la piattaforma con foto, eventi e informazioni. Un modo per essere non solo cliccati, ma anche seguiti e conosciuti da un pubblico sempre più vasto. Ovvio, esiste anche il sito ufficiale, ma l'aggiornamento via Facebook consente un contatto più diretto con l'utente.

Tutto ciò potrebbe sembrare banale, visto che poi quello che conta sono i visitatori "fisici" di un museo. Ma nell'era di internet, in cui tutto, anche la cultura, viene veicolata attraverso il social networking, un pensierino i nostri musei dovrebbero farlo. Come numeri, non sarebbero secondi a nessuno. 

Tratto da First online

Per una presenza attiva dei musei nei social network

La sfida dei nuovi linguaggi comunicativi


Il MoMA, il British Museum, i Musei Vaticani, il Museo Nacional del Prado, il Louvre, la Galleria Borghese, il Tate, il Museu Picasso di Barcellona, sono solo alcuni dei più grandi musei mondiali presenti su Facebook e su Twitter. La presenza dei musei nei social network è coerente con lo sviluppo esponenziale che ha avuto la rete in questi ultimi anni. Dalla nascita di una delle prime reti sociali, the Well, durante gli anni Ottanta, sono trascorsi più di trent’anni, ma è dal 2004, anno della fondazione di Facebook, e poi dal 2006, con la nascita di Twitter, i due social network più seguiti, che la socializzazione in rete può essere considerata il fenomeno culturale di massa del nuovo millennio.

Il potere dei social network è soprattutto quello di evidenziare gli interessi comuni che legano gruppi di individui, e questo porta alcuni innegabili vantaggi che sono peculiari degli ambienti virtuali: innanzitutto l’abbattimento delle barriere socio-culturali; comunicare attraverso internet riduce le distanze interpersonali, mentre nella comunità “reale” i condizionamenti socio-culturali sono sempre molto attivi. Il secondo vantaggio è quello del numero elevatissimo di persone che sono presenti in una comunità virtuale e che, grazie a questi strumenti telematici, possono superare anche le distanze geografiche esistenti tra loro, incontrandosi in rete per scambiarsi qualsiasi tipo di opinione.

Inevitabilmente, date le sue potenzialità, il mondo dei social network è divenuto un mercato appetibile per molti gruppi commerciali, per le aziende e per qualunque altro soggetto che abbia necessità di promuovere un prodotto o un’idea sfruttando l’altissima visibilità offerta dalla rete. Non a caso anche alcuni partiti politici o singoli politici, utilizzano i social network per auto-sponsorizzarsi. Ed è forse anche questo il motivo per cui il fenomeno dei social network si è esteso anche in paesi in cui la libertà di informazione è limitata, come per esempio la Cina, con QQ, che conta oltre 300 milioni di utenti, o il mondo arabo, con Maqtoob.

Il rischio dietro l’angolo, a seguito della “scoperta” dei social network da parte del mondo della pubblicità e della self-promotion, potrebbe essere la perdita dell’originaria forma democratica della rete il cui valore è dato (o forse dobbiamo già dire, era dato) dalla libera circolazione delle idee. Non è difficile immaginare che il futuro porterà ad un controllo totale di queste potenzialità per ottenere vantaggi, consensi e guadagni.

A prescindere da questi aspetti negativi, è altamente positivo, invece, che la cultura possa trovare nella rete un potente elemento propulsore in grado di diffondere capillarmente idee innovatrici, espressioni del pensiero, dell’arte, della musica e di ogni altra scienza umana.

Il mondo museale non si è sottratto a questa nuova sfida culturale, sebbene l’avvicinamento ai social network sia ancora lento e, soprattutto in Italia, ci sia ancora una certa diffidenza nell’affrontare l’interazione con gli utenti. Ciò è sbagliato perché, come afferma il codice etico dell’ICOM per i musei, “al museo spetta l’importante compito di sviluppare il proprio ruolo educativo e di richiamare un ampio pubblico proveniente dalla comunità, dal territorio o dal gruppo di riferimento. L’interazione con la comunità e la promozione del suo patrimonio sono parte integrante della funzione educativa del museo”. L’interazione con la comunità, quindi, è una funzione pertinente alla natura stessa del museo, eppure spesso mancano strategie mirate per utilizzare al meglio gli strumenti più efficaci per raggiungere i propri utenti. Anche la diffusione dei siti web museali non è sempre soddisfacente. Molte volte la creazione del sito non è pianificata mediante uno studio preventivo che ne individui le finalità, né si ricorre a ricerche valutative che misurino il livello di soddisfazione dei visitatori. Manca, in poche parole, una cultura della promozione e della comunicazione.

Non è biasimevole che il mondo museale faccia ricorso più spesso alle strategie del marketing, purché queste siano un supporto valido per la sua promozione ma senza snaturare la sua missione, riducendola solo a fini commerciali. E allora, gettando un occhio all’ambiente del business, potrà essere utile, anche per chi si occupa di cultura, analizzare i risultati di una recente ricerca della Microsoft Digital Advertising Solutions, finalizzata allo studio dei comportamenti delle persone che utilizzano i social network.

E’ interessante osservare alcune percentuali emerse da questa ricerca: il 47% degli intervistati usa i social network per approfondire relazioni con persone accomunate dai medesimi interessi. Un terzo dei frequentatori europei di social network visita questi siti almeno una volta al giorno e il 41% più volte nel corso della settimana. Impressiona, quindi, la costanza della presenza dei visitatori nel network. Se dovessimo ipoteticamente applicare queste percentuali alla pagina di un museo in un qualsiasi social network, è chiaro che la differenza tra i visitatori reali e quelli virtuali, in termini numerici, è abissale, sebbene sia evidente che si tratti di due esperienze di conoscenza del museo completamente diverse. Eppure già solo questo dato induce a riflettere quale possa essere il ruolo dei musei in rete e soprattutto a pensare quale contributo aggiuntivo possa dare questa presenza virtuale rispetto alla visita reale.

Continuando con l’esame delle percentuali, la ricerca ha rilevato che, dopo l’adolescenza, è con l’aumentare dell’età che si allarga la rete di relazioni personali e il desiderio di condividere con gli amici aspetti della vita più profondi e importanti. È in questo momento, quindi, che i social network acquistano maggiore importanza nella vita delle persone. In media, il 25% dei frequentatori di social network europei dedica all’interazione sociale almeno 15-29 minuti, mentre circa un terzo vi dedica 30-59 minuti. Le donne tendono a utilizzare le reti sociali più degli uomini. In Europa, il 37% delle donne visita quotidianamente i siti delle reti sociali, mentre gli uomini sono solo il 27%. Rispetto alle donne, però, gli uomini tendono ad utilizzarli per necessità specifiche, ad esempio per allargare la rete delle opportunità d’impiego e di lavoro o per mantenere o raccogliere informazioni relative a hobby e interessi.

Il dato più importante rilevato dalla ricerca Microsoft è l’ampia pratica di segnalare un brand, cioè un marchio o una campagna pubblicitaria, agli amici. I consumatori si fidano delle indicazioni fornite loro dagli amici appartenenti al medesimo social network; ciò dimostra l’importanza del “passa-parola”, amplificato dalle potenzialità della rete. E se ciò è valido per l’universo aziendale, lo è senza dubbio anche per la cultura. Basta sostituire al brand aziendale, il marchio museale; alla pubblicizzazione di un prodotto, la promozione di un evento, di una mostra, di qualsiasi altra iniziativa culturale. Si tratta di un’opportunità enorme che sfrutta il sistema della “raccomandazione sociale” e il forte senso di fiducia all’interno delle comunità dei social network. In termini numerici, ben l’80% dei consumatori si fida dei consigli degli amici online: una percentuale tre volte superiore alla fiducia riposta nelle inserzioni pubblicitarie su mezzi tradizionali.

Infine, l’ultimo dato rilevato dalla ricerca è l’importanza del dialogo tra promotori e utenti all’interno dei social network. Si è detto che le persone utilizzano i social network per esprimere la propria individualità e quindi anche chi intende promuoversi presso tali utenti dovrà fare altrettanto. I musei nei social network dovrebbero abbandonare la tendenza a non interagire concretamente con i propri utenti e dovrebbero trasformare le proprie pagine che, spesso, sono soltanto pagine informative, in luoghi di incontro e di scambio reciproco, controllati da amministratori preparati. Questo è un punto su cui nel prossimo futuro sarà necessario lavorare, studiando le migliori e più adeguate forme di interazione con il pubblico.

Secondo la ricerca della Microsoft, infatti, “le persone all’interno di questo ambiente virtuale hanno potere: sono gli ideatori dei contenuti, i promotori delle conversazioni e gli sviluppatori della comunità. Pertanto, i marchi che desiderano aprire un dialogo, anziché un monologo, si inseriscono più facilmente in questo ambiente e possono trarre importanti vantaggi dalla sua capacità di contagio “virale”…Aprire il marchio alla libera espressione degli individui conferisce potere agli utenti e crea una positiva esperienza migliorando di conseguenza il loro gradimento”.

La ricerca suggerisce, quindi, una regola d’oro: “comportarsi come un frequentatore di social network. Uno dei principi fondamentali è che i migliori inserzionisti pubblicitari sui siti di social network saranno coloro che si comporteranno come i migliori utilizzatori di quest’ultimi, risultando perciò: creativi, onesti e cortesi, spiccatamente personali, rispettosi del pubblico, regolarmente aggiornati…..Per quelli che lo capiranno e lo faranno nel modo giusto, le opportunità saranno immense. Per quelli che non lo capiranno, il rischio è dietro l’angolo”.

Concludendo, i vantaggi dell’essere presente in rete, all’interno dei social network, possono essere innumerevoli, ma è necessario affrontare questa nuova forma di comunicazione sociale con la giusta preparazione, essendo consapevoli che la presenza in rete può amplificare ogni avvenimento sia in positivo che in negativo.

Caterina Pisu (ArcheoNews, marzo 2010)

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